Ieri, 2 giugno, Festa della Repubblica italiana, nella chiesa di San Salvatore a Gerusalemme come da tradizione è stata celebrata una messa dedicata allo Stato italiano, a sottolineare “la profonda e storica unione che lega la Custodia di Terra Santa con la Repubblica”. Un tributo che la Custodia riserva anche ad altre tre nazioni di tradizione cattolica, Francia, Spagna e Belgio, “per l’impegno profuso nel passato e nel presente nella promozione e la protezione delle comunità cristiane in Terra Santa”. “La preghiera per il bene del proprio Paese, come per i governanti e per quelli che stanno al potere – ha detto il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton – è sempre una preghiera in vista del bene comune e della pace, per poter vivere tutti con dignità e poter esprimere la propria libertà di coscienza attraverso il libero esercizio della propria fede”. Ma perché si realizzi il bene comune, per padre Patton, “non basta la saggezza dei governanti ma ci vuole anche l’onestà dei cittadini e viceversa. Questo vale per la nostra patria, l’Italia. Questo vale per ogni patria, anche per quelle che in questo momento soffrono a causa della guerra, anche per le patrie alle quali non è concesso di esistere come tali, nonostante le legittime aspirazioni dei popoli che vi si identificano”. Nell’omelia, rilanciata dal sito della Custodia, Patton ha fornito una lettura “laica e civile” delle letture del Corpus Domini e desunto, da queste, tre atteggiamenti fondamentali riassunti con tre parole: alleanza, sacrificio e memoria. “L’alleanza che ha unito gli italiani dopo la Seconda Guerra mondiale – ha richiamato il custode – è quella che aveva permesso a chi si opponeva alla dittatura e al fascismo di riconoscersi in un nucleo di valori fondamentali che sono stati espressi dalla Costituzione repubblicana e dalle sue istituzioni e che si alimentano anche di una serie di segni e di riti che ci permettono di riconoscerci come italiani e di trasmettere questa identità alle nuove generazioni e ai nuovi italiani”. Il sacrificio: “Senza il sacrificio di coloro che hanno lottato e sono morti per sconfiggere il nazifascismo noi non avremmo una patria, nella quale sentirci liberi e nella quale poterci esprimere, ma un regime che è l’estensione politica della prigionia. La nostra patria – ha ribadito padre Patton – rimarrà un luogo di libertà, di crescita e di realizzazione per le persone solo se sapremo educare al sacrificio anche la generazione che sta nascendo e crescendo ora”. La terza parola è memoria. “Anche per le istituzioni civili e non solo per quelle religiose la dimensione del fare memoria è fondamentale. Un popolo senza memoria è destinato a scomparire. Le istituzioni senza memoria sono destinate a fallire. Le persone senza memoria non hanno futuro”. Patton ha poi concluso con una preghiera: “Che il Signore continui a benedire l’Italia e gli italiani, anche quelli che, come noi, si trovano sparsi in giro per il mondo. Che il Signore benedica anche i ‘nuovi italiani’ quelli che cercano nel nostro paese una patria o perché hanno perso la loro o perché essendo nati e cresciuti in Italia si sentono personalmente e profondamente italiani e non solo quando gioca la Nazionale. Che attraverso le istituzioni del nostro Paese, e anche attraverso ciascuno di noi, il Signore continui a seminare nel mondo intero quella cultura del dialogo, della pace e della convivenza ma anche della bellezza, dell’arte e della creatività tipiche del nostro paese, che hanno brillato in modo sommo nel nostro santo patrono Francesco d’Assisi”.
Alle celebrazione, chiusa dall’inno nazionale, erano presenti il console generale Domenico Bellato, il vice console generale Alessandro Tutino, la console Camilla Romeo, la responsabile dell’ufficio visti Marianna Delle Vedove insieme ad altri membri del personale diplomatico civile e militare del Consolato generale d’Italia a Gerusalemme.