Don Lorenzo Milani: mons. Gambelli (Firenze), “mi colpisce sempre nella sua vita la fedeltà alla Chiesa”

(Foto diocesi di Firenze)

“Siamo qui riuniti per questo motivo: fare memoria del bene che don Lorenzo ha compiuto nella sua vita terrena. Il nostro sguardo, tuttavia, non è rivolto solo al passato; piuttosto, il ricordo ci spinge a vivere intensamente il presente con passione e entusiasmo in questo nostro tempo di cambiamento d’epoca. Le letture che abbiamo ascoltato ci illuminano in questo nostro cammino”. Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli, nell’omelia della messa celebrata a Barbiana, nel 57° anniversario della morte di don Lorenzo Milani
Facendo riferimento alla prima lettura tratta dal Secondo libro dei Re, il presule ha osservato: “Il capitolo 20 del Deuteronomio è un testo di una sorprendente attualità perché parlando dell’eventualità di entrare in guerra, introduce tutta una serie di condizioni da assolvere precedentemente che rendono praticamente quasi impossibile farlo”. “Mi sembra – ha commentato – che l’articolo 11 della nostra Costituzione italiana faccia eco a questo capitolo 20 del Deuteronomio: ‘L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo’. Chissà? Forse anche noi, come il popolo d’Israele abbiamo perso questo testo? Ci sarà qualcuno capace di ritrovarlo, di suscitare in noi questo sentimento di ripudio della guerra e del male? Ognuno si chieda: ‘E se cominciassi a farlo io, oggi, proprio là dove vivo?’”.
Il Signore Gesù nel testo del vangelo, parlando dei falsi profeti, “ci dice che vengono a noi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Il vero profeta si presenta all’opposto come qualcuno che è duro all’esterno, ma tenero interiormente e solo chi ha il coraggio di lasciarsi inquietare nelle false paci della coscienza, può portare frutto nella sua vita. Il profeta è colui cha parla a nome di Dio davanti al popolo, si trova in mezzo a questi due fuochi e ciò spiega perché dovendo vivere questa duplice fedeltà, egli conosca molto spesso la sofferenza, l’incomprensione e la solitudine”, ha evidenziato l’arcivescovo, che ha concluso: “Mi colpisce sempre nella vita di don Lorenzo la sua fedeltà alla Chiesa, soprattutto per l’assoluta necessità del sacramento della riconciliazione. Il Signore ci aiuti a vivere come lui questo grande amore per la Chiesa attraverso la quale riceviamo la grazia di Cristo, perché innestati in Lui portiamo frutti di vita eterna e collaboriamo alla realizzazione del suo regno di giustizia e di pace”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori