Centro orientamento pastorale: a Seveso tavola rotonda su cultura digitale e missione “onlife”. Don Ravagnani, “stare sul pezzo, si è esposti”

Nella 73ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, promossa dal Cop e terminata oggi a Seveso, si è fatto spazio a un momento serale che ha inteso invitare i partecipanti a riflettere sul cambiamento d’epoca, di fatto dovuto all’impatto delle Ict (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione). La tavola rotonda è stata moderata da Fortunato Ammendolia (esperto del Cop in Pastorale digitale). Ammendolia, richiamando un’istanza presente negli interventi della settimana, ovvero “quella di cambiare lo sguardo, la prospettiva, per essere autenticamente Chiesa sinodale e missionaria”, ha invitato a familiarizzare con il termine “onlife”, ovvero “questo essere dell’uomo nella dimensione fisica e al contempo in quella digitale”. “La questione della pastorale – ha detto – è proprio quella promuovere processi per una Chiesa che intende ripensarsi nella dimensione onlife” (Ammendolia fra l’altro è coautore, con Riccardo Petricca del libro “Chiesa e pastorale digitale. In uscita verso una società 5.0”).
Dallo strumento all’ambiente (o forza ambientale), Stefano Femminis, direttore dell’ufficio per le Comunicazioni sociali della diocesi di Milano ha aiutato a comprendere l’importanza di un sito web e dei canali social di una diocesi. “La lettura del dato ‘numero di accessi’ non vuol essere un’indagine di marketing, quanto un evidenziare l’opportunità di collocarsi dentro questi spazi per comunicare appuntamenti di carattere diocesano e per far giungere la voce del vescovo e narrazioni importanti in modo più capillare”.
Dalla notizia al farsi presenza “reale” nei social media è stata introdotta la figura del “missionario digitale”, unitamente a quella modalità di ascolto che è stata l’esperienza del sinodo digitale, con il progetto “La Chiesa ti ascolta” (www.sinododigital.com). A parlarne, anzitutto Rosy Russo, figura laicale impegnata nel mondo della comunicazione, nota per aver – insieme a tanti altri esperti – fatto focus sulle parole ostili in rete (e conseguentemente nella vita), con il progetto “Parole ostili”. La parola è passata a don Alberto Ravagnani della diocesi di Milano, noto per essere emerso come prete influencer in tempo di pandemia: l’esperienza attivata per accompagnare i ragazzi e i giovani dell’oratorio della parrocchia ha avuto ricadute anche a distanza: finiti i lookdown, infatti, la proposta di esperienza di adorazione eucaristica per la realtà oratoriale da lui animata, ha visto pure la presenza fisica di un gran numero giovani. Ravagnani ha pure toccato la questione della formazione per abitare i social, dove “occorre stare sul pezzo perché si è maggiormente esposti”.
Dalla comunicazione digitalmente mediata, la definizione di pastorale digitale non meramente ridotta al digitalmente mediato ha trovato conferma nell’intervento di don Luca Peyron, presbitero torinese, direttore dell’Ufficio per la Pastorale universitaria della diocesi di Torino, promotore dell’esperienza dell’Apostolato digitale, il cui motto è: “Condividere codici di salvezza”.

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