“La morte di Satnam Singh svela le piaghe del caporalato e del razzismo nel settore agricolo italiano”. Lo denuncia la Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili (Cild), che riunisce dieci organizzazioni della società civile tra cui A Buon Diritto, Cir, Cittadinanzattiva, Lunaria, Naga, Progetto Diritti. Nei giorni scorsi, nella provincia di Latina, Satnam Singh, un lavoratore agricolo di 31 anni, è rimasto vittima di un terribile incidente sul lavoro presso l’azienda agricola Lovato a Borgo Santa Maria. “Questo episodio evidenzia ancora una volta un problema di sfruttamento, caporalato e mancanza di sicurezza sul lavoro che non possiamo ignorare. Inoltre, il caso di Singh mette in luce anche un altro grave problema, ovvero quello del razzismo e della discriminazione che molti lavoratori migranti subiscono quotidianamente nel nostro Paese, aggravando ulteriormente le condizioni di lavoro e marginalizzazione in cui si trovano costretti”, afferma la Cild, che ricorda: “Questo terribile evento non è un caso isolato, ma rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema di sfruttamento e condizioni di lavoro inaccettabili, spesso nascoste nell’ombra del lavoro nero, a danno di persone straniere rese prive di un titolo di soggiorno, costrette a lavorare in condizioni disumane, rese invisibili da leggi discriminatorie e razziste che si sono succedute in Italia negli ultimi 20 anni, a partire dalla Legge Bossi-Fini”. Satnam lavorava per 12 ore al giorno, senza contratto, e per una paga di 4 euro all’ora. “La mancanza di diritti e di protezione per le lavoratrici e i lavoratori migranti è un problema che deve essere affrontato con urgenza”. “I dati parlano chiaro: oltre 230.000 lavoratori agricoli sono impiegati irregolarmente, spesso in condizioni di sfruttamento inaccettabile. Ridurre questa complessità a una questione di singoli comportamenti criminali distoglie l’attenzione dalla necessità di una riforma profonda e strutturale di questo settore di lavoro e delle politiche discriminatorie e razziste che colpiscono le persone migranti in Italia, a partire dalla legge Bossi-Fini”. Cild chiede “una mobilitazione popolare, a una sensibilizzazione e una revisione delle normative che regolano il lavoro agricolo e l’immigrazione”. “L’introduzione di un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro e di un sistema di regolarizzazione ordinaria delle persone migranti – affermano – potrebbe erodere il processo di clandestinizzazione forzata cui sono esposti migliaia di lavoratori e lavoratrici stranieri. L’abolizione del contratto di soggiorno, che vincola lo status giuridico del lavoratore o della lavoratrice migrante alla titolarità di un contratto di lavoro, ne diminuirebbe la dipendenza dal datore di lavoro. La definizione di un salario minimo orario potrebbe limitare la corsa al massimo contenimento dei prezzi dei prodotti agricoli imposto dalle grandi catene di distribuzione alimentare”.