Bracciante morto a Latina: Cnca, “porti a una vera svolta su una situazione diffusa di sfruttamento, caporalato, lavoro nero, nulla sicurezza sul lavoro”

“La morte, avvenuta in condizioni agghiaccianti, di Satnam Singh ha riacceso i riflettori su una situazione diffusa di sfruttamento, caporalato, lavoro nero, scarsa o nulla sicurezza sul lavoro che si riscontra non solo in agricoltura, ma anche in altri settori come la cantieristica, la logistica, il commercio. Se non vogliamo limitarci all’indignazione davanti ai casi di cronaca più eclatanti, vanno prese delle decisioni che incidano su un fenomeno che è tutt’altro che nascosto e su cui si è deciso di chiudere gli occhi per non toccare interessi più o meno diffusi”. Lo afferma il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) in una nota diffusa oggi.
“Nell’agro pontino – una delle aree agricole più importanti del Paese in cui è presente un’organizzazione del Cnca in un’azione di contrasto allo sfruttamento e al caporalato – c’è un vasto ricorso al lavoro nero o a contratti con cui si elude il fisco stabilendo orari di 2-3-4 ore al giorno quando il lavoratore ne svolge effettivamente 10-12, con una paga oraria che si aggira di norma tra i 4 e 5,50 euro l’ora. Spesso non vengono assicurati né la formazione per la sicurezza sul lavoro né controlli medici”, prosegue la nota, nella quale si sottolinea che “la sudditanza nei confronti del datore di lavoro è anche psicologica e basso è il livello di integrazione con il territorio, anche perché molti dei bisogni dei lavoratori vengono mediati dal datore di lavoro o dal caporale, impedendo così di fatto la creazione di legami sociali con la comunità territoriale”. “Se vogliamo porre termine a situazioni come questa, occorre in primo luogo – ammonisce il Cnca – aumentare notevolmente il numero delle ispezioni dell’Ispettorato del lavoro, mandando un segnale chiaro di svolta a tutto il territorio. Questo cambiamento è perciò possibile solo se le istituzioni e le comunità locali decidono di affrontare le situazioni si sfruttamento fin qui tollerate”. “È poi importante cominciare a colpire tutta la filiera che sta tra il datore di lavoro e il lavoratore: non solo i caporali, ma anche quei consulenti del lavoro e commercialisti compiacenti che creano le condizioni per rendere possibile lo sfruttamento”, conclude la nota: “Infine, riteniamo che si debba agire sulle cosiddette ‘procedure illegittime’, cioè su quelle richieste delle istituzioni o di altri enti non necessarie a norma di legge che rendono più difficile alle persone migranti ottenere il permesso di soggiorno, un Iban presso le Poste o le banche o un altro documento rilevante per la propria vita personale e sociale, rendendo così più difficile la loro integrazione nel contesto locale”.

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