Domani, 18 giugno, si terrà l’udienza dinanzi alla Grande Camera della Corte di Giustizia dell’Ue di un caso “che potrebbe cambiare i fondamenti delle leggi che criminalizzano la migrazione”. Lo si legge in un testo sottoscritto da oltre venti realtà attive sul versante migratorio, tra cui la Fondazione Migrantes (Cei), Scalabriniani, Comboniani, Cnca. “Per la prima volta la Corte si esprimerà sulla compatibilità della disciplina europea sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare con la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue”. Il caso approda a Lussemburgo dopo un lungo viaggio che inizia nel Congo e passa da Bologna. Il caso: O.B., una donna del Congo, vittima di violenza di genere, era costretta a lasciare il proprio Paese a causa del protrarsi del conflitto armato. Nell’estate del 2019 O.B. è partita in aereo, da Casablanca a Bologna, insieme alla figlia di 8 anni e alla nipote di 13. Alla frontiera aerea di Bologna i passaporti sono risultati falsi. O.B., quindi, è stata arrestata per aver facilitato l’ingresso irregolare delle due minori, ai sensi della normativa italiana. Ad oggi rischia una pena di 5 anni di carcere.
“La difesa di O.B. ha individuato la violazione di tutta una serie di diritti fondamentali della sua cliente e ha presentato una richiesta di pronuncia pregiudiziale – fatta propria dal Tribunale di Bologna – alla Corte di giustizia europea, chiamata a pronunciarsi su due pilastri su cui è costruito l’impianto normativo europeo noto come il Facilitators Package”. Il Facilitators Package e la normativa italiana (art. 12 del Testo unico sull’immigrazione) “criminalizzano ingiustamente la facilitazione dell’ingresso, del transito e della permanenza delle persone migranti in Europa e in Italia, con gravi conseguenze sia per le persone che cercano di costruire un futuro nell’Ue, che per le Ong e gli attivisti che svolgono attività umanitarie e solidali”. In un documento, firmato da decine di associazioni, la società civile ribadisce l’urgenza di riformare la normativa italiana ed europea.
Le associazioni che hanno sottoscritto il documento “Il caso Kinsa alla Corte di giustizia europea: per la cancellazione delle leggi che criminalizzano la libertà di movimento” auspicano “il pieno accoglimento della questione sollevata dal Tribunale di Bologna, non solo nell’interesse delle persone coinvolte nel procedimento, ma di quello delle migliaia di persone che quotidianamente, in tutta Europa, sono criminalizzate”.