Don Michele Rapacz: card. Semeraro, “ha saputo discernere a chi consegnare tutto sé stesso”

Il nuovo beato polacco don Michele Rapacz è stato “sacerdote e martire, pastore secondo il cuore di Cristo, fedele e generoso testimone del Vangelo che ha sperimentato sia la persecuzione nazista sia quella sovietica, e ha risposto con il dono della vita”, ha detto Papa Francesco in conclusione dell’Angelus di ieri. La cerimonia di beatificazione svoltasi sabato 15 giugno a Cracovia nel santuario della Divina Misericordia è stata celebrata dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei santi. Il porporato nell’omelia ha sottolineato che la beatificazione di don Rapacz (1904-1946) è “segno di consolazione da parte di Dio in un tempo ancora ferito dalla violenza e dalla guerra in molte parti del mondo”. Il cardinale ha anche osservato che “nutriti dal Pane eucaristico”, tutti noi possiamo “compiere la scelta della vita cristiana, l’impegno a compiere e vivere scelte radicali, coraggiose, forse anche scomode”, accettando “il modo diverso di rispondere al male con il bene, diventando costruttori di pace ed abbracciando gli ideali di quella misura alta della vita cristiana che i santi, con la loro testimonianza, ci fanno vedere”. La beatificazione di don Rapacz, al termine del Congresso eucaristico della diocesi di Cracovia, è stata per il card. Semeraro anche un’occasione per rivolgersi ai giovani con l’auspicio affinché “abbraccino il Vangelo di Gesù” come l’aveva fatto il nuovo beato che “nei poco più di 40 anni della sua vita, maturò la sapienza più grande: quella di saper discernere a chi consegnare tutto sé stesso”.

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