Diocesi: card. Betori (amm. ap. Firenze), “mi sono sentito, giorno dopo giorno, dentro alla storia dei pastori che hanno portato splendore alla storia di questa Chiesa”

“Mi sono sentito, giorno dopo giorno, dentro alla storia dei pastori che hanno portato splendore alla storia della Chiesa fiorentina, la cui esemplarità mi ha intimorito ma anche sostenuto: da Zanobi, maestro nell’annuncio e nella difesa della fede, ad Antonino, ispiratore di unità tra fede e vita e promotore di soccorso ai poveri, a Elia Dalla Costa, testimone di santità austera e protettore coraggioso degli oppressi. Riferimenti alti, esigenti ma anche rassicuranti: si sta dentro una storia che ci porta”. Lo ha rivelato ieri il card. Giuseppe Betori, durante la celebrazione eucaristica con la quale si è concluso il ministero episcopale nella Chiesa fiorentina.
Commentando la pagina evangelica proposta dalla liturgia domenicale, il porporato si è soffermato sul “ministero di un vescovo” che è “porre semi, affidando ad un Altro, al Signore che lo ha inviato, la crescita e i frutti”. “In questa logica, la logica non dei frutti ma del seme, vorrei collocare anche la mia presenza tra voi in questi anni”, ha spiegato Betori parlando di “anni in cui, alla fragilità che accompagna sempre la vita della Chiesa nel tempo, si sono aggiunte le debolezze della mia persona, di cui oggi sono qui a chiedere perdono: perdono per non essere stato all’altezza della storia di questa città, soprattutto delle vostre attese. So che mi volete bene, come io lo voglio a voi, e che, indulgenti, non mi negherete la vostra comprensione”. “Non è questo il luogo e il momento di un bilancio, che peraltro vorrei in ogni caso evitare, non spettando il giudizio a me o ad altri, ma solo a Dio, alla cui misericordia mi consegno”, ha proseguito il cardinale prima di “condividere lo spirito e i riferimenti a cui ho ancorato il mio servizio a questa Chiesa fiorentina”. Oltre all’“intenzione di non separare mai la Chiesa dalla città”, Betori ha confidato come “in questi anni non ho cercato di proporre una mia strada, ma ho cercato di cogliere le strade di Dio nel cammino del popolo”. “Ho sentito come mio compito di pastore – ha spiegato – tenere insieme il popolo di Dio, nelle inevitabili tensioni, cercando di evitare rotture; indicare la strada al gregge senza perdere qualcuno per troppa fretta e al tempo stesso preoccuparsi di non perderne altri per inerzia, senza però frenare il cammino di tutti, nella convinzione che nella fede del popolo, il santo popolo di Dio, risplende la verità del Risorto”. Poi ha definito “accogliente questa cattedra episcopale”: “È una sede scomoda – ha commentato –, in quanto impone di essere fedeli alla verità e quindi pronti a parlare con parresìa, senza indulgere alla tentazione di essere approvati a ogni costo, senza scansare l’incomprensione e anche il rifiuto. È una sede impegnativa, perché vuole che la verità sia annunciata con attenzione ai destinatari, cioè con amore, e l’amore non basta mai. Confesso che non è stato facile tenere insieme tutto questo”. “Quel che in questi anni ho cercato di indicare, non sempre riuscendoci, mi sembra che lo dica da sé questa sede: misura, equilibrio, armonia, riposo, bellezza, contemplazione e pace sono l’identità profonda, oltre le fattezze immediate, istintive, anche polemiche e aggressive, di questa città e quindi della Chiesa fiorentina, sintesi di tensioni composte”, ha aggiunto.
A conclusione della celebrazione Betori ha voluto “dare voce alla gratitudine che colma oggi il mio cuore”. “Devo confessare – ha affermato – che in tutti questi anni mi ha accompagnato sempre la certezza di stare dentro un vincolo di unità con tutti voi, un vincolo nutrito dal legame di fede, speranza e carità, ma anche da una corrente di affetto che non è mai mancato, anche se espresso nella sobrietà che deve caratterizzarlo quando è vero. E vero lo è, e continuerà a esserlo da parte mia, mentre vi chiedo d’ora in poi di riversarlo su don Gherardo, che il Papa ha chiamato a succedermi come vostro pastore nei prossimi anni. La mia obbedienza e la mia preghiera, accompagnate da fraterno affetto, non gli mancheranno”. E poi la lunga lista di persone che il porporato ha voluto ringraziare.

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