Terra Santa: p. Patton (custode), “continuare ad essere operatori di pace anche se non vediamo risultati concreti immediati”

(Gerusalemme) “In questi anni abbiamo digiunato e pregato tante volte per la pace: prima per la pace in Siria, poi per la pace in Ucraina, infine – in questi ultimi otto mesi –per la pace qui in Terra Santa, chiedendo a Dio la liberazione degli ostaggi, il rispetto della popolazione civile e la fine della guerra a Gaza”, nonostante ciò si è avuta l’impressione che “le nostre preghiere fossero inutili o almeno inefficaci: non abbiamo visto cambiamenti significativi nella situazione locale o globale; i morti civili hanno continuato ad aumentare, molti ostaggi non sono ancora stati liberati, il livello di violenza fisica e verbale è aumentato un po’ in tutti gli ambiti, gli appelli di Papa Francesco sembrano essere caduti nel vuoto, come quelli di molti altri leader mondiali”. È partita da questa considerazione la riflessione del custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, ieri sera, a Gerusalemme, durante i vespri solenni della festa di sant’Antonio, patrono della Custodia di Terra Santa. Davanti a una delegazione di pellegrini venuti da Bologna, guidati dal loro arcivescovo, il card. Matteo Zuppi, Patton ha messo in relazione l’episodio della vita di sant’Antonio quando viene chiamato in causa per la liberazione degli ostaggi imprigionati dal tiranno veronese Ezzelino da Romano e la situazione attuale a Gaza. L’incontro tra Antonio ed Ezzelino “fu duro” e “sul momento Antonio non ottenne niente e tornò a Padova con un apparente fallimento”. Solo un anno dopo la morte di Antonio (1232), “Ezzelino fece un raro gesto magnanimo e liberò i prigionieri”. “Noi vorremmo che le nostre preghiere avessero un risultato immediato – ha riconosciuto il custode -. Dallo stesso Antonio ci aspetteremmo il miracolo istantaneo, ci aspetteremmo che davanti a lui il crudele Ezzelino improvvisamente si penta, si metta in ginocchio riconoscendo di aver sbagliato e immediatamente liberi i prigionieri. Ciò non accade. Il miracolo della liberazione dei prigionieri, se così lo vogliamo chiamare, non avviene all’istante, ma avviene solo un anno dopo la morte del Santo. In realtà è così che il Signore ci educa a perseverare nella ricerca del bene, a rimanere sintonizzati sulla sua volontà, a continuare ad essere operatori di pace anche se non vediamo risultati concreti immediati”. Da qui l’appello a “essere perseveranti nella fede e questo lo possiamo manifestare solo continuando ad affidarci a Lui nella preghiera. È così perciò che impariamo ad abbandonarci nelle mani del Signore, a fare tutto ciò che è in nostro potere ma con la pazienza di chi attende da Lui la pace, che ci viene concessa in Gesù, quando a Lui piace”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori