Salute: suor Boscolo (Sorelle della Misericordia), “prendersi cura dell’umanità sofferente nobilita il lavoro dell’uomo”

“Il rapporto di lavoro è, sempre e comunque, una relazione tra persone per cui non esistono automatismi e dinamiche scontate. Usando un termine caro a papa Francesco si potrebbe dire che vivere in relazione è un lavoro artigianale. La collaborazione nel lavoro è, perciò, anch’essa un ‘campo di battaglia’ in cui ‘sminare’ le fonti di conflitto, ‘curare’ le ferite delle parole e delle incomprensioni, ‘stemperare’ le tensioni, motivare le azioni, sostenere i sogni …”. Lo afferma suor Silvia Boscolo, dell’Istituto Sorelle della Misericordia, intervenuta al XXV convegno nazionale di pastorale della salute della Cei “Non ho nessuno che mi immerga, Universalità e diritto di accesso alle cure”, in corso fino al 15 maggio a Verona. Con riferimento agli operatori sanitari presenti negli istituti di cura, la religiosa osserva che “la collaborazione nasce dall’essere attratti, affascinati da un significato. Ed è questo significato che contraddistingue una struttura da un’altra, che fa la differenza. Il ‘perché’, allo stesso modo del ‘per chi’, – sia esso l’umanità fragile e sofferente dell’anziano e del malato, la vita debole del nascituro, la vulnerabilità dell’adolescente – determinano anche il ‘come’, lo stile nella conduzione di un’attività di impresa e dei suoi lavoratori”.
“Partecipare alla costruzione di un progetto che ha come fine la tutela della dignità umana nobilita il lavoro dell’uomo, perché lo indirizza a qualcosa di eterno: il bene. Il bene compiuto – conclude – è ciò che rimane dopo di noi, è ciò che non muore mai. Una prospettiva di questo tipo eleva il significato del lavoro e di conseguenza del lavoratore che può più facilmente concepirsi come collaboratore nel senso di costruttore (e non distruttore) nell’ottica originale del libro di Genesi”.

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