Violenza di genere: card. Zuppi in dialogo con Cecchettin, “l’altro non è mai il mio possesso, l’amore è esattamente il contrario”

(Foto Festival francescano)

“Penso la Chiesa abbia tanto da fare per aiutare a vivere relazioni di amore basate prima di tutto sul rispetto, sul fatto che l’altro non è mai il mio possesso, che l’amore è esattamente il contrario del possesso”. Lo ha detto il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che ieri sera si è confrontato con Gino Cecchettin, papà di Giulia, in un incontro trasmesso online, moderato da suor Chiara Cavazza, a cura di Festival Francescano in collaborazione con Antoniano Opere Francescane. Un dialogo intenso – si legge in un resoconto giunto al Sir questa mattina dagli organizzatori – che ha toccato le tematiche relative alla necessità di un’alleanza intergenerazionale, di una cultura della parità di genere – anche dentro la Chiesa – e un’ampia riflessione sulla sofferenza, che è visibile previa iscrizione sul sito www.festivalfrancescano.it oppure a partire da lunedì 13 maggio sul canale Youtube del Festival Francescano. Si tratta di una vera e propria anteprima dei temi che saranno affrontati dal 26 al 29 settembre a Bologna, quando il Festival si terrà in piazza Maggiore con la presenza dello stesso Zuppi e molti altri ospiti. Ieri sera, Cecchettin ha parlato delle “battaglie” di Giulia e di sua sorella Elena per contrastare la cultura “patriarcale”. “Battaglie come questa vengono a volte fortemente criticate. Ho come la sensazione che – ha spiegato Cecchettin – quando dai più diritti a una persona o a un genere di persone, sembra che gli altri ne vengano meno. Ma non è così. Assolutamente. Avere una parità tra maschi e femmine non significa che i maschi hanno meno libertà”. Queste prese di posizione, secondo Cecchettin, vengono attaccate a causa dei “retaggi di anni e anni di educazione maschilista”. Del resto – ha spiegato – “anche nel linguaggio abbiamo espressioni come ‘questo problema lo risolviamo da uomo a uomo’ o ‘tu sì che sei un uomo’ oppure ancora ‘non fare la femminuccia’. Ecco, tutte queste espressioni fanno crescere poi un bambino convinto di valere più di una donna e questo va sradicato: bisogna destrutturare il modo di pensare”. Secondo questi stereotipi maschilisti, ha risposto il card. Zuppi, “in fondo anche Gesù sarebbe considerato una femminuccia: per esempio, Gesù piange, fa sempre il primo passo verso gli altri, (…) anzi addirittura descrive Dio Padre come un padre (…) che, per certi versi, secondo questi stereotipi, è molto più madre, perché è un padre che manifesta l’affetto, che manifesta i propri sentimenti. Gesù stesso manifesta i propri sentimenti di commozione, di partecipazione. (…) Non riesce a non piangere con chi piange”. Secondo certi stereotipi, secondo il card. Zuppi, Gesù sarebbe quindi più visto come “un tenerone” piuttosto che “un cosiddetto maschio alfa”. Nel suo intervento, Zuppi ha affrontato anche il tema del ruolo della donna nella Chiesa: “è qualcosa di più del fare le stesse cose: è un pensarsi insieme in una reciprocità, in una complementarità di cui credo abbiamo ancora molto da imparare”. Il dibattito si è quindi spostato sul tema del senso e della rielaborazione della sofferenza. Cecchettin ha confessato che all’inizio aveva pensato di “mantenere tutto tra le mura di casa”. Invece “ho rinunciato un po’ alla mia privacy, soffrendo anche un po’, e ho preso posizione. Ho detto no: Giulia è di tutti! Deve essere di tutti, perché lei può far nascere qualcosa di positivo. E pensavo alle altre Giulia che potevano soccombere sotto le mani di altri carnefici. Ho pensato, se lei riesce con il suo esempio anche solo a salvarne una, abbiamo comunque salvato una vita, che è tanto. Per questo ho detto doniamola, doniamo l’esempio di questa ragazza”.

 

 

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