“La presenza del medico di famiglia aiuta a circondare il malato con una rete di affetto, di condivisione e di solidarietà, che va oltre la fase diagnostico-terapeutica, rafforzando i rapporti umani, facendo della sofferenza un momento di comunione da vivere insieme, non solo per il bene del paziente, ma per quello di tutti: di chi cura, dei familiari, della comunità allargata”. È l’omaggio del Papa, nel discorso rivolto ai partecipanti all’Incontro internazionale promosso da “Somos Community Care” in collaborazione con la Pontificia Accademia per la Vita. “Si evita così il rischio che la persona che soffre e chi le sta vicino siano risucchiati dalla macchina della burocrazia e dell’informatizzazione”, ha affermato Francesco: “o peggio che finiscano vittime di logiche di mercato che poco hanno a che fare con la salute, soprattutto quando si tratta di persone anziane e fragili”. “Cura e familiarità sono due doni di grande valore per chi soffre!”, ha esclamato Francesco, che ha ripetuto: “Io ho tanti bei ricordi del medico di famiglia. Ricordo – io sono nato nel ’36 – ricordo un 15 luglio del ’42, la mamma era in attesa del quarto e io e i miei fratelli, mio fratello era con un’influenza, è venuto il medico e ha detto: ‘Sto guardando…’. Un ricordo molto bello! E ci dà la medicina, era un raffreddore, un’influenza. E poi si avvicinò alla mamma, la mamma era lì con papà e le ha toccato la pancia dicendo: ‘Eh, è tempo già! Speriamo…’. E quella stessa sera nacque il quarto. Questi ricordi di tenerezza, di familiarità del medico di famiglia, sono cose che io porto con me perché in quel tempo le cose erano così, tanto belle! Perciò, cari amici, è importante quello che state facendo”.