“Mentre ci ostiniamo a cercare quello che ci aspettiamo di trovare, il Signore ci sorprende seminando i semi del suo regno altrove. Abbiamo bisogno di farci spingere dallo Spirito per frequentare terre inospitali e problematiche, dove si parlano lingue diverse dalle nostre”. Lo ha detto mons. Giovanni Checchinato, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, durante la veglia di Pentecoste celebrata nella parrocchia di San Carlo Borromeo a Rende. Per il presule, “abbiamo bisogno di ascoltare in maniera più aperta le domande che vengono dai nostri compagni di strada. Nel nostro zaino dobbiamo mettere una dose significativa di stupore che possa accompagnare il nostro peregrinare nei sentieri tortuosi della storia”. Animata dalle aggregazioni laicali, la veglia ha ricalcato quella di Pasqua mediante l’ascolto della parola di Dio, la rinnovazione delle promesse battesimali e l’aspersione dei fedeli. Mons. Checchinato ha incentrato la sua riflessione sull’iniziativa dell’uomo senza Dio e sull’apertura allo Spirito.
“Alcuni credenti – ha detto citando il libro ‘Senza Chiesa e senza Dio’ di Salvarani – hanno provato a interrogarsi sulla realtà e il futuro della nostra Chiesa”, riscontrando nei fedeli “rassegnazione, dispiacere, delusione”. “È possibile che dalle nostre labbra esca l’espressione ‘Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è finita, noi siamo perduti’”, ha constatato ancora mons. Checchinato, secondo cui “questa frase sembra dirla chi nella Chiesa è troppo centrato sulle proprie risorse, sulle tante iniziative che continuano a essere proposte”. Per l’arcivescovo di Cosenza “il virus è il pensare che noi siamo quello che facciamo e quando non abbiamo feedback positivi ci rimaniamo male, o pensiamo che i nostri interlocutori sono degli ingrati”. Così “veniamo trascinati a considerare il regno di Dio che viene in pienezza come opera delle nostre mani, a considerarci autori e strateghi del futuro della Chiesa”, invece di “aprirci alla voce dello Spirito che ci mostra dimensioni nuove che lui sta creando”.