Nuove linee guida Pma: Gambino, “quale sorte per gli embrioni scartati?”. “Che cosa accade se la donna vuole l’impianto anche contro la volontà del marito?”

(Foto AFP/SIR)

La prospettiva di “un’umanità nascente selezionata in base a caratteristiche genetiche” induce a “riflettere sul senso e sull’attendibilità degli screening operati sugli embrioni”. Lo afferma il giurista Alberto Gambino, membro del Comitato nazionale di bioetica e presidente del Centro studi Scienza& Vita, in una nota per il Sir nella quale commenta le nuove Linee guida sulla Pma, pubblicate lo scorso 9 maggio in Gazzetta ufficiale. Nell’aggiornamento della legge 40, la selezione degli embrioni è consentita se finalizzata ad evitare l’impianto di quelli affetti da malattie genetiche trasmissibili. Una modalità selettiva che, chiosa Gambino, comporta l’aumento del numero degli embrioni “scartati” e di conseguenza non impiantati, “rilanciando il dilemma etico sulla sorte degli stessi. In questo senso sarebbe quindi eticamente doveroso riprendere il dibattito sulla adottabilità degli embrioni ‘abbandonati”’.
Fra gli altri nuovi punti inseriti, sottolinea il giurista, le linee guida prevedono che “il consenso alla Pma non possa essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto ovvero sia cessato il loro rapporto. Tale scenario riguarda in particolare le coppie che decidono di accedere alle tecniche di fecondazione assistita ma che, dopo la formazione degli embrioni, si trovano in una situazione di crisi”. “La legge 40 richiede che sia una coppia a fare istanza per l’accesso alle tecniche di Pma: se a un certo punto viene a mancare il consenso di un componente della coppia all’impianto cosa succede? Cosa accade se la donna vuole in ogni caso l’impianto, anche contro la volontà del marito?”, gli interrogativi sollevati dal presidente del Centro studi Scienza&Vita. Due, a suo avviso, le risposte “possibili”. “Ricostruire il diritto della coppia in un’ottica sociale di realizzazione della personalità in senso condiviso, come momento di solidarietà che porta due persone a costruire una vita insieme: nel disegno della coppia c’è, nell’iniziale prospettiva, anche un potenziale bambino, un figlio. Se si rompe questo progetto comune manca il presupposto per la prosecuzione delle tecniche di procreazione. Oppure – conclude Gambino – considerare anche l’interesse dell’embrione a proseguire il suo percorso vitale: dal momento che la donna è colei che accoglierà in grembo l’embrione, è da privilegiare il suo consenso all’impianto, anche in presenza del dissenso del marito”.

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