Terra Santa: card. Pizzaballa (patriarca latino Gerusalemme), “accordi di pace falliti perché teorici. Purificare memoria e educare al perdono”

Foto Calvarese/SIR

“Tutti gli accordi di pace in Terra Santa, finora, sono di fatto falliti, perché erano spesso accordi teorici, che presumevano di risolvere anni di tragedie senza tenere in considerazione l’enorme carico di ferite, dolore, rancore, rabbia che ancora covava e che in questi mesi è esploso in maniera estremamente violenta”. Ne è convinto il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che oggi, all’Università Lateranense, ha tenuto una lectio magistralis intitolata “Caratteri e criteri per una pastorale della pace” nell’ambito del corso di “Teologia della pace”. Secondo il patriarca “Per guardare al futuro con speranza e in pace, è necessario fare un percorso di purificazione della memoria. Le ferite, se non sono curate, creano un atteggiamento di vittimismo e di rabbia, che rendono difficile, se non impossibile, la riconciliazione. Finché da parte di tutti non vi sarà una purificazione della comune memoria, fino a che non ci sarà un riconoscimento del male reciprocamente commesso e subìto, fino a che non vi sarà una rilettura delle proprie relazioni storiche, le ferite del passato continueranno ad essere un bagaglio da portare sulle proprie spalle e un criterio di lettura delle relazioni reciproche”. Da qui deriva la necessità di “un’educazione umana al perdono, una formazione culturale che consenta all’uomo di guardare gli eventi non esclusivamente dalla prospettiva delle proprie ferite, che hanno sempre un orizzonte limitato e chiuso, e lo aiuti ad interpretare gli eventi, personali e collettivi, con uno sguardo verso il futuro, che tenga in considerazione anche il bene della realtà umana e sociale circostante, il bisogno di riattivare dinamiche di vita”. Al tempo stesso non si può parlare di perdono, “senza parlare di verità e giustizia: da decenni in Terra Santa sussiste l’occupazione israeliana dei territori della Cisgiordania, con tutte le sue drammatiche conseguenze sulla vita dei palestinesi e anche degli israeliani. La prima conseguenza e la più visibile di questa situazione politica è la condizione di ingiustizia, di non riconoscimento di diritti basilari, di sofferenza nella quale vive la popolazione palestinese in Cisgiordania. È un’oggettiva situazione di ingiustizia”. Il perdono, in conclusione, “da solo non può costruire la pace. Verità e giustizia, da sole, non possono costruire la pace. Affermare il bisogno di verità e di giustizia è attività sacrosanta, ma, se queste sono disgiunte da un desiderio di perdono, lasciano il proprio avversario sul banco degli imputati, mettendolo di fronte alle proprie responsabilità, ma senza superarle, senza offrire prospettive di uscita. In definitiva diventa recriminazione. Tutto ciò può anzi provocare una reazione ancora più aggressiva di opposizione”. È necessario, dunque, che “la pastorale ecclesiale di pace sappia porre questi tre elementi in continuo, difficile, doloroso, complesso, lacerante, faticoso dialogo tra loro”. Spesso, ha concluso Pizzaballa, “in Terra Santa si tratta di sapere attendere. Non sempre il cuore delle persone e delle comunità è pronto e libero per parlare di perdono. Il dolore è ancora troppo forte. Spesso è più facile avere a che fare con rabbia più che con desiderio di perdono. Bisogna, perciò, sapere attendere, ma allo stesso tempo proporre senza stancarsi la via cristiana della pace”.

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