Primo maggio: mons. Maniago (Catanzaro), “le istituzioni abbiano il lavoro come una delle priorità più importanti”

“Oggi è il giorno in cui noi preghiamo per tutti coloro che lavorano, per chi non ha lavoro e lo cerca proprio per poter vivere la dimensione della propria dignità. Preghiamo perché le istituzioni che sono preposte al bene comune abbiano il lavoro come una delle priorità più importanti, un lavoro dignitoso per tutti, rispettoso della dignità delle persone, uomo o donna che sia, vuol dire anche un lavoro che sia giustamente retribuito”. Così l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace mons. Claudio Maniago, ieri, a Porto, in occasione dell’undicesimo anniversario di elevazione del Santuario Mariano a Basilica Minore Pontificia. Una solenne celebrazione che si è svolta nel giorno in cui la Chiesa festeggia San Giuseppe, Patrono dei lavoratori. E all’importanza e al valore del lavoro, richiamando i principi della dottrina sociale della Chiesa, il presule ha concentrato gran parte dei contenuti della sua omelia.
Mons. Maniago ha sottolineato l’importanza che “il lavoro si svolga in un contesto di sicurezza, che non metta a rischio le persone che, vivendo questa dimensione così importante, devono addirittura temere per la propria vita”. “Un lavoro dignitoso per tutti, uomini e donne – ha aggiunto – perché tutti si sentano realizzati nei talenti che Dio dona a tutti, nessuno escluso. Il significato del lavoro va ben oltre il portare a casa uno stipendio che è sicuramente indispensabile, perché lavorare fa parte della dignità dell’uomo; il lavoro è, infatti, un diritto di tutti, ma è anche un dovere, perché noi siamo fatti a immagine di Dio e dobbiamo collaborare con Lui perché con il lavoro si esprime ‘una linea particolare della somiglianza dell’uomo con Dio, Creatore e Padre’ (Laborem exercens, 26). Ognuno partecipa con il proprio lavoro alla grande opera divina del prendersi cura dell’umanità e del Creato, ognuno con le varie professioni che sono e devono essere l’espressione dei nostri talenti”. “Ecco allora perché in un giorno come questo – ha aggiunto il presule calabrese – in cui si fa festa, in cui si parla anche tanto, bisogna anche renderci conto di che cosa è per noi il lavoro: per noi cristiani significa realizzare la nostra vocazione di esseri umani che siamo chiamati a imitare Dio”.
L’arcivescovo di Catanzaro-Squillace ha anche ricordato le donne e gli uomini che per condizioni di salute o per raggiunti limiti di età, non possono più vivere direttamente il mondo del lavoro: “Ognuno di noi deve continuare a sentirsi collaboratore e lavoratore con il Signore, perché anche quando dovessimo essere bloccati, per esempio da una malattia o anche dall’età e da una condizione che non ci permette più di lavorare questo non vuol dire che la nostra vita perde il suo significato e soprattutto la sua dignità, perché dobbiamo lavorare sempre, dobbiamo fare la nostra parte, sempre. In questo senso anche il lavoro di chi rimane a casa e non ha una professione, ma si occupa della casa, anche quello è un lavoro importante. Anche chi è condannato in un letto sa di poter lavorare per l’edificazione del Regno di Dio, sa di poter sostenere gli altri perché poi questo è, in fondo, il lavoro”.

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