Capacità di entrare in relazione con i giovani creando un rapporto di collaborazione e fiducia per costruire insieme una relazione positiva”. È la premessa del lavoro di prossimità svolto dal 2016 dal Ceis di Mestre. A presentarlo, questa mattina a Verona, nell’ambito del XXV Convegno nazionale di pastorale della salute (fino al 15 maggio) è Tiziana Venturini, psicologa e psicoterapeuta. “Nel 2023 – racconta – nel lavoro portato avanti in 7 diversi comuni abbiamo avuto modo di intercettare con questo tipo di interventi complessivamente 3318 giovani di cui circa 2300 sono diventati poi contatti visti e incontrati più volte nel tempo. Prevalenza maschi”. Duplice l’obiettivo: “promuovere il benessere e contrastare il disagio”. L’operatore, spiega Venturini, “è in grado di riconoscere situazioni di disagio, di costruire insieme ai ragazzi risposte ai loro eventuali bisogni coinvolgendoli nel creare possibili percorsi di crescita o indirizzandoli e orientandoli verso i servizi istituzionali. Le attività messe in atto sono molteplici e tarate sul contesto di riferimento e sui bisogni dei ragazzi di ciascun territorio. La progettazione stessa degli interventi richiede molta flessibilità per poter rispondere al dinamico mondo dei giovani e alle diverse caratteristiche di ciascun territorio”. In pratica, gli operatori dopo aver osservato e ascoltato, compreso “il sistema di significati che regge il ‘mondo’ e le azioni dei ragazzi che incontrano, cercano di entrare nel loro mondo e attivare delle conversazioni per rielaborare insieme significati, false credenze, comportamenti disfunzionali. Offrono punti di vista diversi, rielaborano con i ragazzi ragionamenti al fine di riflettere su scelte, comportamenti, conseguenze. Il lavoro di prossimità opera, infatti, nel qui ed ora con quanto rilevato nel gruppo
e dai singoli incontrati. L’ottica è di far emergere le risorse individuali e di gruppo. Oltre a tutto ciò, importante è che gli operatori attivino, grazie alle relazioni positive, passaparola virtuosi arrivando a raggiungere ragazzi più difficili da intercettare”. Fare rete sul territorio, conclude Venturini, significa avere una “responsabilità comune” nei confronti della comunità. La scommessa è “promuovere vere e proprie azioni di sostegno reciproco, in grado di generare riconoscenza e restituzione”.