“Le nostre comunità oggi fanno una grande fatica a celebrare la fede. In Italia, negli ultimi secoli, la nostra proposta di fede ha privilegiato e messo al centro la celebrazione liturgica e la prassi sacramentale; la partecipazione alle liturgie, specialmente la messa domenicale, come elemento necessario per dirsi cristiani, facendone un precetto, emarginando il resto dell’esperienza cristiana”. È iniziata con queste parole la relazione di apertura del vescovo di Gubbio e di Città di Castello, mons. Luciano Paolucci Bedini, al convegno catechistico delle Chiese diocesane di Umbria e Marche, in corso alla Domus Pacis francescana di Assisi.
La tre giorni, sul tema “Celebrate il Signore perché è buono? Una comunità che celebra e testimonia il Kerygma”, coinvolge in particolare i direttori degli Uffici catechistici diocesani e le loro équipe, oltre a catechisti e sacerdoti delle due regioni ecclesiastiche del Centro Italia.
Il vescovo delle diocesi di Gubbio e di Città di Castello, delegato della Conferenza episcopale umbra dell’area pastorale per i laici, nell’apertura di ieri sera è stato preceduto dai saluti di mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, di mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno e delegato Ceu per la catechesi, di don Alberto Zanetti dell’Ufficio catechistico nazionale.
Richiamando la Sacrosantum Concilium, mons. Paolucci Bedini ha ricordato che la liturgia è fonte e culmine dell’azione della Chiesa ma non la esaurisce. “Se al centro della vita della Chiesa sta la celebrazione liturgica del mistero della fede – ha affermato – essa però, per non essere staccata dal resto della vita e dell’esperienza della fede, necessita di un prima e un dopo”.
Il tema della relazione di apertura del convegno assisano partiva dall’interrogativo “Le nostre comunità celebrano ancora la fede?”, introducendo dunque anche l’elemento “comunità”.
“L’esperienza della fede, la vita cristiana e la sua celebrazione – ha spiegato ancora il vescovo – non ci sarebbero se non ci fosse una comunità che ne è protagonista. L’urgenza della missione evangelizzatrice della Chiesa oggi perciò è proprio quella di risvegliare la fede delle nostre comunità, perché possano riscoprire la gioia della vita nuova nella Pasqua di Cristo nella fraternità ecclesiale e, con la loro testimonianza di vita, tornare ad annunciare agli uomini e alle donne del mondo la novità della risurrezione, pronti ad accogliere coloro che da questo annuncio vengono convocati e uniti a essa dallo Spirito Santo”.