L’attenzione alla crisi ecologica non nasce negli ultimi anni, ma parte da un vissuto degli ultimi cinquanta anni in cui le Chiese hanno offerto il loro contributo. È uno dei temi affrontati in occasione del XX seminario nazionale sulla custodia del creato, dal titolo “Cittadinanza ecologica. Verso la settimana sociale di Trieste”, oggi a Roma. L’evento è promosso dall’Ufficio nazionale della Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e quello per i problemi sociali e il lavoro. “Possiamo costruire il futuro solo se sappiamo da dove veniamo”, afferma Simone Morandini, direttore di Credere oggi e vicedirettore dell’Istituto studi ecumenici di Venezia, che sceglie tre periodi storici in cui l’attenzione al creato ha preso corpo. Il primo, secondo Morandini, è da collocare fra il 1972 e il 1975, in cui il soggetto attivo è il Consiglio ecumenico delle Chiese (CeC) con cui parte una creativa interazione interdisciplinare e interconfessionale. “Fu posto – spiega – l’accento sulla qualità dei beni e non sulla quantità”. Come seconda tappa, dalla fine degli anni ’80 ai primi anni ’90, il Consiglio ecumenico ha organizzato una serie di assemblee, in cui “un senso di urgenza viene avvertito – ricorda –, si comincia a capire che l’orizzonte è breve” e l’esigenza di approfondimento teologico, fra cui quello sul tema “dell’alleanza fra Dio e gli esseri umani e l’alleanza fra le Chiese che, in questi anni, iniziano ad ascoltare insieme il gemito della creazione”. L’ultima fase inizia nel 2015, dopo un periodo di conflitti e attentati. “Con la Laudato si’ – continua Morandini – la tematica balza in primo piano come mai prima era avvenuto nel magistero cattolico. C’è una chiara attenzione all’aspetto scientifico e un forte approfondimento biblico anche alla elaborazione condotta dalle altre Chiese”. Emerge “l’accentuazione di una esperienza di contrasto: la contemplazione della bellezza e l’ascolto del gemito”. Oggi “le Chiese stanno ragionando assieme per approfondire la qualità del loro impegno. La raccomandazione più importante è contro l’unilateralità, l’impegno che non si esaurisce su una dimensione ma ci impegna ad agire in maniera urgente, perché il tempo è breve, così come viene ricordato nei report sul cambiamento climatico. Non partiamo da oggi – suggerisce –, teniamo calda questa memoria che è condivisa da tutte le Chiese cristiane. Nessuna può richiedere un primato. Francesco ha rilanciato la tematica che già esisteva”.