“Il peccato ci fa schiavi, anche quando esso coincide con una rivendicazione di libertà da parte nostra; una rivendicazione personale o, a volte, una rivendicazione sociale, politica, economica. Accanto al peccato personale, ci può essere anche un peccato comunitario, spesso commesso in nome del ‘diritto’, specie del diritto di pochi, e che arriva a conculcare la libertà e la stessa vita, propria e di altri”. Lo ha ricordato mons. Santo Marcianò, arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), celebrando questa mattina la Liturgia penitenziale alla 46ma Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), in corso a Rimini. Meditando la parabola del figliol prodigo, il presule ha parlato dei “tanti peccati contro la giustizia, le cui conseguenze cogliamo su larga scala ma che si annidano sempre nel cuore dell’uomo”. Ad esempio, “le violazioni della legalità, l’evasione fiscale, il lavoro nero o insicuro, l’accumulo dei beni di pochi ricchi a danno dei tanti poveri del mondo. E penso alle discriminazioni che escludono i deboli, i carcerati, gli immigrati, i malati”. Da mons. Marcianò è giunto un monito contro “le rivendicazioni di quei diritti che violano il diritto fondamentale alla vita: come non sentirci, oggi, chiamati in causa dalla crescente violenza contro le donne ma anche dal riconoscimento dell’aborto quale diritto fondamentale, invocato in alcune Costituzioni Nazionali e richiesto anche in Europa? Se si tocca la vita di un solo uomo – ha rimarcato l’arcivescovo militare – si tocca l’umanità tutta, si tocca la libertà, si tocca la pace”. L’antidoto a queste violazioni, ha concluso, è “la cultura dell’abbraccio”, frase ripresa dall’incontro di Papa Francesco all’Azione Cattolica: “In un tempo come il nostro, afflitto da guerre che ci fanno ormai sempre più paura, malato di sfiducia e conflittualità, relegato in un individualismo sempre più asfissiante, riscopriamo che solo ‘la via dell’abbraccio è la via della vita’ e che ‘un abbraccio può cambiare la vita’”.