“È importante andare a votare: in questo modo le istituzioni possono rappresentare democraticamente tutte le voci dei cittadini”. Questa la risposta che Patrick Zaki, il ricercatore e attivista egiziano detenuto da febbraio 2020 a dicembre 2021 nelle carceri del Cairo per le opinioni espresse in un suo articolo, ha dato durante un dibattito sul rispetto dei diritti umani nel mondo, organizzato come evento collaterale all’ultima plenaria del Parlamento europeo in corso a Strasburgo. “Sono qui per la prima volta – ha esordito Zaki – e desidero esprimere il mio grazie a questo Parlamento e a David Sassoli, che tanto si spese, in prima persona, per la mia liberazione”. Un ringraziamento anche a Giulio Regeni: “Mi sento di dirgli grazie – ha sottolineato – perché la sua morte ha scosso le coscienze e tanti, sapendo della mia detenzione, hanno pensato: non possiamo permetterci di perdere anche lui”. L’incontro, in una giornata, quella di ieri, in cui il tema dei diritti umani ha caratterizzato una parte significativa dei lavori della plenaria, con un ampio dibattito sulla guerra nella striscia di Gaza, ha visto la partecipazione di una delegazione di studenti italiani al Parlamento europeo. Proprio da loro è arrivata la domanda: cosa possiamo fare noi, concretamente, per difendere i diritti umani? Da qui la risposta di Zaki: votare, per dare voce a tutti. Il ricercatore e attivista ha ripercorso le tappe della sua vicenda e ha illustrato l’impegno per denunciare situazioni e contesti politico-sociali in cui i diritti umani sono calpestati, dalle zone di guerra, alle limitazioni delle libertà personali. “Insieme possiamo cambiare il mondo – ha affermato – perché sia consentito a tutti di esprimere le proprie opinioni, in modo libero e rispettoso”. Durante i due anni di prigionia cosa ti ha aiutato ad andare avanti? “La speranza del mio futuro – ha risposto Zaki al Sir –: sono stati mesi durissimi, di isolamento, ho dovuto lavorare tanto su me stesso, con un sostegno psicologico, per superare il trauma subito. L’affetto di tante persone, della mia famiglia, il sostegno delle istituzioni mi hanno aiutato a sperare che ce l’avrei fatta, per raccontare al mondo la necessità di rimettere al centro degli interessi di tutti il rispetto dei diritti umani e la costruzione della pace”.