Sono ancora poche le ragazze che intraprendono un percorso di studi nel settore Ict (information and communication technology), un ambito innovativo in cui si preparano gli studenti a professioni richieste nel mercato del lavoro ed economicamente solide. Questa sottorappresentazione, secondo Openpolis, è in gran parte conseguenza degli stereotipi di genere che condizionano bambine e ragazze a prediligere percorsi di studio umanistici e sociali invece di quelli scientifici e matematici, con un impatto sul futuro lavorativo delle donne sia in termini di occupazione che di stabilità economica.
Secondo l’analisi di Openpolis sui percorsi universitari, la partecipazione femminile è maggiore rispetto a quella maschile (nel 2022 rappresentano quasi il 60% del totale dei laureati); una tendenza che però si inverte quando si considerano solo i percorsi Ict, i meno scelti dalle ragazze: le laureate in Italia si assestano al 16,8%. In termini assoluti, si tratta di 863 ragazze contro 4.280 ragazzi. A livello di ateneo, sono solo 19 sui 41 considerati quelli in cui si supera la media nazionale. Questa tendenza però si sta invertendo tra le generazioni più giovani: tra 20 e 24 anni, le ragazze raggiungono competenze digitali almeno di base nel 62,5% dei casi (60,9% tra i maschi). E il vantaggio femminile è ancora più ampio tra 16 e 19 anni: 59,1% a fronte del 52,9% dei ragazzi. In media, per l’intera fascia 16-24 anni, parliamo di quasi 4 punti di differenza tra le competenze digitali femminili e quelle maschili. Tuttavia, come si è detto, a questo vantaggio femminile nel padroneggiare l’ambiente digitale non corrispondono i successivi percorsi di studio e lavoro, ancora fortemente segmentati per genere e che vedono un’incidenza maschile preponderante (superiore all’80%). Per ridurre questi divari, conclude Openpolis, “è necessario un investimento sin dai primi anni d’età sulla formazione e sull’abbattimento degli stereotipi”.