“Più che possibile il Pnrr è un doveroso volano per il nostro Paese perché, avviando un Piano con una così imponente mole di risorse a debito, pari a 220 miliardi di euro, se non si mette in campo una qualità della spesa adeguata questo comporterebbe problemi strutturali fondamentali per l’Italia, che ha già di per sé un importante debito pubblico”. È stato una sorta di bilancio su quello che finora l’attuale governo italiano ha realizzato per gestire la quantità di fondi europei ricevuti la lezione aperta che il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto ha tenuto oggi agli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nell’ambito di un’iniziativa promossa dalla Facoltà di Scienze politiche e sociali e dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Ateneo.
A ribadire la crucialità del Pnrr è il rettore Franco Anelli nel suo saluto istituzionale, che ha preceduto l’intervento del ministro Fitto. “È una misura da economia di guerra”, per questo “serve uno sforzo collettivo, e non una sola regia, per mettere a frutto progetti”, ha precisato il rettore Anelli. Ed è proprio per la piena realizzazione del Pnrr entro i tempi previsti (giugno 2026) che il ministro Fitto ha spiegato le ragioni che hanno portato il governo a rivederne molti obiettivi e una serie di investimenti.
In questo momento è “responsabilità di tutti mettere a terra bene quello che si ha a disposizione per il rilancio del Paese”, ha specificato il preside della Facoltà di Scienze politiche e sociali, Guido Merzoni, avviando la tavola rotonda seguita all’intervento del ministro Fitto. Sulla complessità del Piano si è soffermata Floriana Cerniglia, direttrice del Centro di ricerca in analisi economica e sviluppo economico internazionale (Cranec), ricordando che si tratta di un documento altresì lungo articolato in più di 200 pagine, contenente 200 misure, sette missioni, 150 investimenti e 67 riforme. Per Cerniglia, tuttavia, l’importanza del Pnrr sta soprattutto nell’aver abbattuto due tabu: il primo, che si può fare il debito europeo per finanziare la spesa; il secondo, che finalmente è stata usata la politica di bilancio, mandando in soffitta il paradigma economico dominante secondo cui la crescita dipende solo dal mercato e non dall’intervento pubblico. Ecco allora quello che per Piero Benassi, già rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea e docente nella Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica, sarà il compito della prossima legislatura europea. “Per acquistare sovranità popolare bisognerà prendere una decisione sulle risorse economiche e sul loro modello di gestione che dovrà essere fatto non più su scala nazionale bensì europea”.