“Conoscevo Barbara Capovani, era un medico infaticabile e appassionato, non ricordo di averla mai vista senza sorriso. Gestiva ogni situazione in modo competente e rassicurante, trovando la soluzione migliore per tutti”. Così Liliana Dell’Osso, presidente eletto Società italiana psichiatria (Sip), ricorda la psichiatra aggredita da un suo paziente lo scorso 21 aprile e deceduta due giorni dopo. “Un anno in cui – prosegue Dell’Osso -, a parte frasi di circostanza, il problema psichiatria in Italia e della sicurezza dei dipartimenti (e dei centri di salute mentale di conseguenza) è rimasto sepolto sotto un mare di dichiarazioni senza soluzioni reali. Perché la violenza quotidiana cui sono sottoposti operatori, infermieri, psicologi e medici psichiatri ormai è diventata impossibile da quantificare, visto che le denunce non danno alcun riscontro, salvo in casi drammatici come questo o in caso di ricovero”.
“Certamente la Circolare Lamorgese sul divieto di intervento delle forze dell’ordine nei pronto soccorso e nei reparti ha deluso i medici e reso ulteriormente difficile la gestione dei pazienti violenti nei reparti di psichiatria”, precisa Emi Bondi, presidente Sip, secondo la quale “il ruolo che si sta tornando a dare alla psichiatria di gestore dell’aggressività, fa sì che sempre più spesso i sanitari siano chiamati ad occuparsi di tutta la devianza sociale, senza discriminazione fra chi è veramente un malato psichico che ha bisogno di cure rispetto a chi è solo un violento”. “La società è cambiata, enormemente, le patologie psichiche sono cresciute di numero, poiché vengono diagnosticate con più precisione e più precocemente. Le cure sono state rivoluzionate, eppure – conclude Bondi – le risorse sono rimaste ferme”.