“L’attacco è stato limitato e preannunciato dagli Stati Uniti e forse anche dallo stesso Iran, anche se nessuno lo dice. A mio avviso però, la notizia più importante però non è tanto l’attacco quanto il peggioramento concreto dell’economia israeliana”. Commenta così Alessandro Politi, direttore della Nato defense college foundation (Ndcf), l’attacco lanciato all’alba di stamattina dalle forze militari israeliane sulla base iraniana di Esfahan come rappresaglia per quanto accaduto nel fine settimana scorso. “Ma al di la della guerra – prosegue – nell’ultimo trimestre del 2023 la contrazione è stata molto forte, pari al 19,4%, una vera e propria esplosione del debito dovuto al raddoppio delle spese di guerra che peraltro potrebbero quadruplicare. Al momento il rapporto fra debito e Pil è del 61, 9% e quanto sta accadendo potrebbe farlo salire fino al 67%. Un pericolo reale, di cui la Banca centrale israeliana ha avvertito in maniera chiara il governo, che prima pone di fatto a rischio Israele come Paese attraente sia sul fronte investimenti sia riguardo la solidità finanziaria. Per cui – aggiunge –, ci vuole un comitato che da una parte valuti l’entità della spesa militare, mentre dall’altra controlli come questa viene gestita. Nel frattempo – aggiunge Politi – Standard & Poor’s ha ridotto fortemente il rating da AA- a A-+. La risposta del capo del governo Benjamin Netanyahu è stata che Israele deve diventare più autosufficiente nella produzione di armamenti, il che – conclude – non è un buon indizio dei rapporti con gli Stati Uniti”.