Beni confiscati: Giannone (Libera), “combattere mafie e corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti di cittadini e comunità”

“I dati presentati dimostrano la forza della comunità monitorante di Libera, che trova corrispondenza nei risultati raggiunti. Riteniamo fondamentale che, accanto ai percorsi mirati a garantire il riutilizzo sociale, anche la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati e delle informazioni sui patrimoni confiscati siano elementi di primaria importanza”. Così Tatiana Giannone, responsabile nazionale per i beni confiscati di Libera, commenta la terza edizione di “RimanDati”, il Report nazionale di Libera che indaga lo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e, quest’anno, anche con un contributo di Istat. “In questo contesto – evidenzia la responsabile nazionale per i beni confiscati – la trasparenza deve essere considerata anch’essa un bene comune, confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli enti locali di mettere a disposizione di tutte e tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco”. “RimanDati – prosegue Giannone – è uno strumento per attivare rapporti con il mondo degli enti territoriali di prossimità, che sono ingranaggio fondamentale dell’intera filiera della confisca e del riutilizzo, e per far crescere in modo esponenziale le storie di rigenerazione intorno ai beni confiscati, preservando lo strumento della confisca nel suo senso risarcitorio più profondo. Stiamo attraversando un periodo in cui dal governo arrivano segnali contrastanti sul sostegno agli enti locali: basti pensare a tutte le misure definanziate all’interno del Pnrr, fino ad arrivare al disegno di legge sull’autonomia differenziata, che bloccherebbe lo sviluppo di intere aree del nostro Paese”. Inoltre, osserva, “sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: nel dibattito pubblico si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità che affliggono la materia e si rafforza la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini. Messaggi che convergono su una lettura superficiale e ingiusta, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo ribadiamo con forza e convinzione: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità”.

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