“Nell’Ecuador di oggi, come figli dell’unico Padre, siamo chiamati a sanare un contesto familiare e sociale ferito dall’indifferenza dei ‘buoni’, dalla crudeltà dei violenti, dalla povertà della maggioranza, dalla corruzione presente a tutti i livelli della nostra società e dall’inquinamento e dalla distruzione della nostra Casa comune”. Lo scrive la Conferenza episcopale dell’Ecuador, nel messaggio finale della propria assemblea plenaria, che coincide con giorni di forte tensione, nel Paese, per la perdurante violenza e per il recente arresto, all’interno dell’ambasciata del Messico, dell’ex vice presidente Jorge Glas.
“Non è accettabile che un intero Paese veda molti dei suoi leader sociali e politici affrontati come nemici, manipolando le leggi per garantire l’impunità a coloro che hanno venduto l’anima al miglior offerente senza preoccuparsi del futuro dei nostri bambini e giovani, degli adulti e degli anziani; normalizzando ciò che dovremmo rifiutare, togliendoci la speranza e seminando caos e morte”, il monito dei vescovi, che non entrano direttamente nelle polemiche di questi giorni.
“L’azione per guarire il mondo richiede cambiamenti urgenti e profondi nelle strutture politiche, economiche e legali. Tuttavia, questi non sono sufficienti, perché spesso i cambiamenti non affrontano le cause dei mali e non ne prevedono le conseguenze. Possiamo avere le strutture più sagge e giuste, ma se il cuore è malato, saranno poco o nulla utili. Il cambiamento delle strutture inizia nel cuore”. La guarigione delle ferite del mondo è, quindi, possibile “solo se cambiamo il cuore umano e le strutture sociali, politiche, economiche e culturali”.