“All’imperatore Costantino interessava una sola fede e forse avrebbe accettato qualsiasi forma, a condizione fosse accolta da tutti. A lui bastava l’unità del culto, sospetto che non si aspettasse un accanimento tale sulle formule e impose la sua volontà per porre la parola fine”. A ricordarlo è il gesuita padre Henryk Pietras, docente della Pontificia Università Gregoriana di Roma, durante il convegno “Le molte vie di Nicea. Nicea tra Oriente e Occidente”, in corso a Bari, a proposito delle finalità dell’imperatore romano che volle indire il Concilio nel 325 sulla divinità di Gesù. “Alla fine – rammenta –, l’imperatore Costantino scriveva di voler raggiungere l’obiettivo della riconciliazione di tutti con tutti, nonostante le animosità fra i vescovi che portarono a numerose petizioni”. “L’imperatore chiamava al perdono e alla pace”, sottolinea il docente. “Non prestava l’orecchio, non ha condannato nessuno. Anche i canoni conciliari non scomunicano, cosa rara, perché i vari sinodi lo facevano abbastanza spesso”. Il vescovo di Alessandria Attanasio, assertore della divinità di Cristo, negata dagli ariani e proclamata a seguito del Concilio di Nicea, “voleva ordinare tutti di nuovo”, commenta il professore della Gregoriana, per questo ha innescato “un grande scombussolamento” ed è stato esiliato, perché agiva al contrario del sinodo. “Atanasio, infatti, voleva passare per martire della fede, ma ha fatto moltiplicare gli ariani. Il mondo così è caduto nella trappola: gli storici del quinto secolo scrivevano che la Chiesa fosse diventata ariana, ma non è così. Atanasio ha voluto chiamare i suoi nemici ariani e l’ha fatto con tale insistenza che alla fine ha vinto”.