Il voto della plenaria del Parlamento europeo sul Patto migrazione e asilo “segna la fine di lunghi negoziati per riformare le norme europee in materia di asilo”. Caritas Europa “è preoccupata per il suo potenziale impatto negativo sulla vita di migliaia di persone, poiché le nuove regole limitano chiaramente l’accesso alla protezione per chi ne ha bisogno”. “Purtroppo, il Patto non è riuscito a riformare il disfunzionale sistema di Dublino, che rende responsabile del trattamento della richiesta di asilo il paese dell’Ue in cui arriva il richiedente asilo. Le nuove regole – sottolinea ancora Caritas Europa – si basano invece su un complicato meccanismo di solidarietà in cui gli Stati membri dell’Ue possono letteralmente pagare per evitare la ricollocazione dei richiedenti asilo, il che non compenserà la maggiore responsabilità che ricadrà sugli Stati membri alle frontiere esterne dell’Unione”.
Anche l’aumento di procedure accelerate di asilo e rimpatrio alle frontiere “per confinare i richiedenti asilo nei Paesi di confine dell’Ue e prevenire i movimenti secondari è problematica. Ciò comporterà una detenzione diffusa, anche di famiglie e bambini, procedure di asilo affrettate con garanzie limitate e standard di accoglienza inadeguati nei Paesi di confine”. Ugualmente “il nuovo screening rischia di aumentare e legittimare la profilazione razziale discriminatoria”.
L’uso più ampio del concetto di “Paese terzo sicuro” significherà “che più persone saranno rimpatriate in un Paese di transito, come ad esempio la Tunisia, “riflettendo la crescente tendenza all’esternalizzazione che cerca di spostare la responsabilità dell’asilo verso Paesi extra-Ue”.
Saranno poi disponibili ai governi “misure eccezionali per ritardare l’accesso alla procedura di asilo e prolungare le procedure di frontiera in caso di situazioni di crisi”.
“Gli Stati membri hanno ora due anni per prepararsi all’attuazione del Patto. Li esortiamo a prevenire la detenzione generalizzata alle frontiere, a creare condizioni di accoglienza dignitose, compreso un adeguato supporto medico e assistenza legale”.
“Dal 2014, oltre 30.000 persone sono morte nel Mediterraneo e questa situazione deve cambiare se vogliamo che l’Ue sia all’altezza dei suoi valori. L’accesso a procedure di asilo e condizioni di accoglienza giuste e dignitose nell’Ue, nonché percorsi sicuri fanno parte la soluzione”.