Stimolazione cerebrale profonda; infusione sottocutanea continua di levodopa, il più conosciuto farmaco per il controllo del tremore; dieta chetogenica: sono solo alcuni dei trattamenti più avanzati e delle nuove frontiere della terapia su cui oggi la ricerca sulla malattia di Parkinson si sta concentrando. Per aggiornare i pazienti e i caregiver e illustrare gli ultimi sviluppi proprio su questi temi l’Associazione italiana parkinsoniani (Aip) organizza il 13 aprile a Rimini il proprio convegno nazionale. L’appuntamento cade in un momento in cui l’attenzione generale si focalizza su questa patologia poiché domani 11 aprile ricorre la Giornata mondiale del Parkinson.
Sottolinea Gianni Pezzoli, neurologo, presidente dell’Aip e della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson: “Oggi in Italia sono almeno 400mila le persone colpite. Il numero è potenzialmente più alto perché potrebbero essere numerosi i casi non diagnosticati, specie in tarda età: il tempo che trascorre tra i primi sospetti clinici e l’effettiva diagnosi può essere lungo, arrivando anche ad alcuni anni. Ciò dipende dalla complessità della patologia e dei suoi sintomi. Tale complessità ha effetti anche sulla terapia e sulle famiglie: i fronti di ricerca sono molti con avanzamenti continui e quindi è difficile per i caregiver rimanere aggiornati”. Per questo l’Aip organizza annualmente almeno un convegno nazionale, spesso due uno al centro nord ed uno al sud Italia. Arrivato oggi alla 44ª edizione, “è dedicato non ai medici ma ai malati di Parkinson ed ai familiari affinché possano essere informati e non sentirsi disorientati in una realtà così complessa”.
Tra le più importanti novità della ricerca vi sono anche i recenti studi che evidenziano un possibile effetto positivo dei farmaci anti-diabetici nel ritardare l’esordio dei sintomi della malattia di Parkinson. Tra questi anche una ricerca condotta dal Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’Asst Gaetano Pini-Cto di Milano, pubblicata già lo scorso anno, con il contributo delle Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson, che evidenzia la comparsa della malattia ritardata di sei anni nei pazienti che li assumono rispetto alle persone non trattate con gli stessi medicinali. Sembrerebbe quindi che i farmaci per il Parkinson aiutino i diabetici e viceversa.