“Non ci sentiamo feriti da una decisione come quella dell’Istituto comprensivo ‘Iqbal Masih’ di Pioltello perché riteniamo la libertà religiosa un valore. Viviamo in un contesto di pluralismo delle presenze religiose, che ci piace, e non c’è ragione di negare visibilità a una fede che sul territorio è molto diffusa”. Lo afferma mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, la carità, la missione e l’azione sociale della diocesi di Milano intervistato da Aggiornamenti Sociali. Come noto, nelle scorse settimane ha suscitato clamore e numerose polemiche la decisione dell’Istituto comprensivo “Iqbal Masih” di Pioltello (Milano) di sospendere le lezioni per la giornata di oggi, 10 aprile, in occasione della festa per la chiusura del Ramadan. Una decisione, spiegano dalla redazione della rivista dei Gesuiti del centro San Fedele di Milano, nata per non obbligare molti alunni – che per oltre il 40% sono di religione islamica – a scegliere tra la partecipazione ai riti religiosi e la presenza alle lezioni. La diocesi di Milano è intervenuta a più riprese a sostegno della scelta intrapresa dalla scuola.
Se per alcuni la vicenda di Pioltello rappresenta la volontà di cambiare “l’identità cristiana del nostro territorio”, l’intenzione della diocesi di Milano è chiara: “Ribadire che la fede cristiana non cambia affatto nel suo nucleo fondamentale. Possono mutare invece le forme in cui la si vive, come conseguenza del necessario confronto con l’evoluzione del contesto sociale al cui interno siamo chiamati a viverla. Una società che cambia ci chiede di cambiare il modo di stare al suo interno”.
Questo polverone mediatico, aggiunge Bressan, alla fine è stato anche un bene, perché nel confronto con le comunità islamiche “ci ha permesso di approfondire e di spiegare il senso di uno stare insieme restando diversi e rispettando le singolarità di ciascuno”. Le reazioni generalmente registrate “hanno confermato una sensazione di scarsa preparazione a vivere nel quotidiano, a livello locale, il confronto con un mondo come quello islamico, che ormai è tra noi ed è arrivato non per una spinta di proselitismo o di conquista religiosa, ma per motivi sostanzialmente economici: la gente, venuta qui alla ricerca di lavoro e di una vita più dignitosa, si è portata dietro la propria cultura e anche la propria fede. Ci ha stupito vedere la fatica e il disorientamento che questo provoca, innanzi tutto tra noi cattolici”.
Oggi “universalità non coincide più con univocità” e per questo, conclude mons. Bressan, “abbiamo bisogno di strumenti con cui rendere ragione di quanto facciamo come credenti. Non si può più vivere una fede di comodo, accontentandosi di rimanere nel solco di quello che ci è stato tramandato, senza una rielaborazione che sia all’altezza dei tempi che stiamo vivendo e quindi della sfida del pluralismo con cui siamo chiamati a confrontarci”. Qui l’intervista integrale.