Migranti: mons. Ruzza (Porto) in visita al Cpr di Ponte Galeria, “uno Stato civile deve agire per tutelare fino in fondo la dignità della vita di ogni donna e uomo”

“Come vescovo ho sentito il dovere pastorale di visitare le sorelle e i fratelli ristretti nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Ponte Galeria nel territorio della diocesi di Porto-Santa Rufina. Di questa opportunità ringrazio la collaborazione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale per la Regione Lazio”. Queste le parole del vescovo di Porto-Santa Rufina e di Civitavecchia-Tarquinia, mons. Gianrico Ruzza, in visita al Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria (Roma) insieme al Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, alla Garante di Roma Capitale, Valentina Calderone, e alla direttrice della Caritas diocesana di Porto-Santa Rufina, Serena Campitiello. Monsignor Ruzza ha parlato con il responsabile della struttura, Enzo Lattuca, e con alcune persone qui trattenute. Attualmente nel Cpr di Ponte Galeria si trovano 29 persone, 25 uomini e quattro donne. A causa dei disordini del mese scorso, verificatisi a seguito della morte di Sylla, il 22enne della Guinea che si è tolto la vita, sono stati bloccati gli ingressi in vista delle riparazioni delle parti danneggiate. “Ho incontrato – ha raccontato mons. Ruzza –, parlando con loro, purtroppo attraverso le sbarre, persone logorate da lunghi tempi di attesa per un futuro incerto, giovani e adulti privi di attività quotidiane che possano mantenere viva la loro umanità. Ritengo che uno Stato civile come il nostro, radicato nei diritti inalienabili della persona che sono sanciti dal dettato della nostra meravigliosa Costituzione, debba agire per tutelare fino in fondo la dignità della vita di ogni donna e di ogni uomo. È inaccettabile che questa tutela non venga perseguita, una mancanza in questo senso rappresenta un’ombra oscura per la nostra coscienza democratica”. “Ancora una volta – ha aggiunto Anastasìa – abbiamo registrato nel racconto delle persone trattenute la disumanità di una privazione della libertà inutilmente protratta fino a 18 mesi. Tanto più che, per come sono concepiti questi centri, si tratta di un anno e mezzo di inattività e abbrutimento che può portare anche a gesti disperati come quello commesso dal Sylla un mese fa”. “Per quanto ci riguarda , d’intesa con la Garante di Roma Capitale ci impegniamo a offrire un sostegno alle persone trattenute nella rivendicazione dei loro diritti. Inoltre, solleciteremo la Prefettura, la Regione, e il Comune, affinché all’interno del Cpr si svolgano attività sportive, ricreative e culturali che diano quanto meno un senso alle giornate di queste persone all’interno del Cpr”.

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