La gratuità, evangelicamente, è “dare senza aspettarsi nulla in cambio”. Lo ricorda il Papa, nel messaggio ai partecipanti all’incontro con le istituzioni e gli organismi di aiuto alla Chiesa in America Latina, in corso a Bogotá fino all’8 marzo. “Tutto ciò che abbiamo o è di Dio o è prova e pegno del suo amore”, scrive Francesco: “Se perdiamo questa consapevolezza nel dare e anche nel ricevere, snaturiamo la sua essenza e la nostra. Da amministratori solleciti di Dio, diventiamo schiavi del denaro e, soggiogati dalla paura di non avere, diamo il cuore al tesoro della falsa sicurezza economica, dell’efficienza amministrativa, del controllo, di una vita senza sussulti”. “Dio si dà in mezzo al suo popolo”, sottolinea inoltre il Papa, secondo il quale “il nostro dare non può non tener conto di questa verità ineluttabile, che sappiamo essere certa anche nella nostra storia personale e comunitaria”. “Non evitiamo quindi chi è cieco, chi resta a terra sul ciglio della strada, che è coperto di lebbra o di miseria, piuttosto chiediamo al Signore di essere capaci di vedere ciò che impedisce loro di affrontare le proprie difficoltà”, il monito di Francesco: “La gratuità è imitare il modo in cui Gesù si dona per noi, suo popolo, sempre e totalmente, nonostante la nostra povertà. E perché? Per amore”. Perché, come direbbe Pascal, “L’amore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”, scrive il Papa citando Pascal e poi la prima lettera ai Corinzi: “è paziente, è benigno; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. “L’amore non ha agenda, non colonizza, ma s’incarna, diventa uno di noi, meticcio, per fare nuove tutte le cose”, conclude Francesco: “Abbracciare la croce non è segno di insuccesso, non è un lavoro vano, è unirci alla missione di Gesù di portare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi. È toccare concretamente la ferita di quel fratello, di quella comunità, che ha un nome, che ha un valore infinito per Dio, per dargli luce, rafforzare le sue gambe, mondare la sua miseria, offrendogli l’opportunità di rispondere al progetto di amore che il Signore ha per lui, chiedendo in ginocchio che, giungendo lì, Gesù trovi fede in quella terra”.