È stata inaugurata sabato 2 marzo presso il Museo diocesano di Carpi la mostra intitolata Gratia Plena dell’artista Andrea Saltini. Centinaia di persone sono intervenute all’evento inaugurale e nella prima giornata di apertura. “Segno inequivocabile di un interesse per questa proposta culturale di dialogo tra Chiesa e arte contemporanea che ha preso il via nel giugno scorso dal discorso di Papa Francesco agli artisti in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della collezione d’arte moderna dei Musei Vaticani. Un testo la cui lettura è caldamente consigliata a chiunque si avventuri in questa materia senza pregiudizi e animato da sincera volontà di confronto”, si legge in una nota della diocesi di Carpi.
A documentare il percorso di ricerca artistica e spirituale che la pastorale ha sviluppato, nel clima del cammino sinodale, anche con gli artisti e correndo il rischio che un linguaggio provocatorio sconcerti qualcuno, c’è il commento posto in apertura del catalogo della mostra a firma di don Carlo Bellini, vicario episcopale per la pastorale, frutto di un confronto approfondito con l’artista. “Se la spiritualità è un sistema di senso che rende plausibile per un individuo la propria biografia – scrive Bellini – allora l’arte contemporanea ne è intrisa. Andrea Saltini rientra a pieno titolo in questo quadro ma ha una caratteristica oggi rara: fa riferimento esplicito ad una narrazione religiosa e a una teologia che non viene solo allusa. Le sacre scritture con i racconti di Gesù, Maria, gli apostoli, termini tecnici come Grazia, Paraclito, si riferiscono ad una religione precisa e quindi il contenuto spirituale scaturisce da una tradizione che viene così attualizzata, interrogata, provocata e alla fine resa viva e interessante oggi. L’arte di Saltini non è devozionale, difficilmente potremmo vederla in una chiesa, ma è vera arte contemporanea a soggetto religioso, ancora una volta una rarità. Davanti a queste opere si può meditare. Per questo il suo lavoro è un dono per credenti e non credenti, per riflettere sui misteri del nostro stare al mondo, rinnovando l’eredità iconografica e il patrimonio affettivo dalla nostra tradizione culturale”.
La diocesi precisa: “Quanto ai giudizi (o pregiudizi) secondo cui alcuni quadri esposti riproducono immagini blasfeme o dissacranti, pur rientrando nella libera circolazione delle opinioni, oltre a risultare irrispettosi nei riguardi del percorso compiuto soprattutto dall’artista e anche dai promotori, nulla di tutto questo è rilevabile davanti ad una visione delle opere corretta (ovvero ognuna vista nell’insieme dell’esposizione), documentata (l’esatto punto di visione come indicato anche nel catalogo ad esempio per il quadro intitolato ‘Inri – San Longino’) e con sguardo limpido (vedi fra Cristoforo nei Promessi Sposi ‘omnia munda mundis’ e ‘tutto è puro per i puri’ citando San Paolo, Tt 1,15). A tal scopo sarà predisposto, in addendum al catalogo della mostra, un sussidio che presenta le singole opere dal punto di vista dell’artista che illustra la sua ricerca religiosa e spirituale, fornendo gli elementi culturali e personali per comprenderne il senso”.