A trattenere Maria di Magdala al sepolcro, trovato vuoto, “è l’amore per Gesù, un amore che appare inconsolabile e, al tempo stesso, incrollabile. Maria non si rassegna a quanto è accaduto; non intende staccarsi da Gesù, anche se ormai è morto, per questo si mette alla ricerca del suo corpo”. Lo sottolinea il vescovo di Senigallia, mons. Franco Manenti, nel suo messaggio di auguri alla diocesi per Pasqua. La ricerca di Maria “ha successo”, “un successo ben oltre la ricerca, quando il presunto giardiniere è riconosciuto da lei come il ‘Maestro’”. “Maria di Magdala – afferma il presule – non scopre da se stessa che Gesù è vivo, ma quando viene chiamata per nome da Gesù stesso (‘Maria!’). Gesù si rivela a Maria come risorto, non con gesti eclatanti né con una manifestazione sorprendente, ma semplicemente chiamandola per nome. Un gesto, ripetuto più volte da noi, spesso in modo distratto (chiamare per nome qualcuno, essere chiamati per nome da chi ci conosce) diventa qui il tramite di un incontro che risultava ormai impossibile”.
Il vescovo osserva: “Stiamo vivendo un tempo nel quale spesso fatichiamo anche noi a riconoscere che Gesù è il Maestro risorto, è il Signore che non ci ha abbandonati, non ci ha lasciato soli nel nostro cammino. Anche a noi può capitare di cercarlo, come Maria di Magdala, con insistenza, perché comprendiamo che non possiamo fare a meno di Lui, del suo amore che ci rassicura; della sua parola che illumina il cammino della vita, spesso oscurato da quanto succede attorno a noi e nel nostro cuore; che apre un orizzonte di una speranza più solida e affidabile delle nostre speranze; che non si scandalizza delle nostre fragilità e incoerenze, ma che si ferma per curare le nostre ‘ferite’”. E “il Signore risorto non si nasconde non si sottrae alla nostra ricerca, ma ci viene incontro, ci ‘chiama per nome’, con quel nome che non è solo un insieme di lettere, ma rappresenta la nostra umanità, quello che siamo con i nostri desideri, progetti di vita, con gli affetti che coltiviamo, con la nostra libertà spesso confusa, impacciata, con i nostri dolori e le nostre sconfitte, con le tante speranza parzialmente compiute, o addirittura, andate in fumo, con le nostre paure e le tante fragilità”.
Di qui “l’augurio”, in questa Pasqua, “a tutti, anche a chi ha poca dimestichezza con Gesù, il crocifisso risorto, ‘il Signore!’, è che possiamo riconoscere nelle pieghe della nostra vita la sua parola che ci chiama per nome, con il nostro nome e che, per questo, cambi la narrazione della vita, non solo a beneficio nostro, ma anche a beneficio di chi con noi condivide le paure che questo tempo continua ad alimentare nel nostro cuore”.