“È stato un incontro ricco di sguardi, di parole dette e non dette e, tra le righe, è emersa la drammatica realtà di un mondo adulto che ha smarrito il senso del vivere, tornando a sacrificare sull’altare del profitto e del successo i propri figli. Quella dei ragazzi di oggi è una generazione confusa e abbandonata, molti di loro si ritrovano senza relazioni significative. La presenza di una comunità sana, capace di sostenere e illuminare il cammino, appare inconsistente”. Lo scrive mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, raccontando, nel suo messaggio per Pasqua, la sua visita all’Istituto penale per i minorenni “Nicola Fornelli” di Bari. A motivo del decreto “Caivano”, osserva il presule, “tanti sono i nostri giovani fratelli reclusi, segno di una cultura che punta ad arginare il male adottando come sola strada la punizione più che investire sull’efficacia di percorsi educativi”.
Parlando dell’incontro, mons. Satriano dice: “I giovani ristretti si sono resi protagonisti di un gesto semplice e forte: mi hanno fatto dono di un grembiule. Un grembiule realizzato da loro; un grembiule da usare nella Messa in Coena Domini, al momento del rito della lavanda dei piedi. Al centro, una croce dipinta con le loro mani. Quanta attenzione, quanta tenerezza in quel tocco quasi artistico, ma anche un grido soffocato di aiuto, di considerazione, di rispetto per la loro sofferenza: un grembiule nel quale accogliere e asciugare le fatiche di una vita appena iniziata e già compromessa, talvolta forse già finita. Il cuore e la mente sono andati subito a quel gesto evocativo di Gesù dell’ultima cena, che apre il Triduo Santo”.
Il grembiule, l’asciugatoio, sottolinea il presule, “diventa sintesi del mistero pasquale di Gesù e profezia di significato per la vita. Indossare il grembiule è assumere la logica rivoluzionaria del servizio, non in modo puramente strumentale, ma realizzando quella risposta colma di attenzione, rispetto, tenerezza al bisogno di vita che grida dentro ogni uomo, dentro ciascuno di noi”.
Gettando uno sguardo all’attualità, l’arcivescovo afferma: “Viviamo giorni, nel nostro territorio metropolitano, di sofferenza a causa di chi ha interpretato il servizio come pura speculazione personale, mentre onesti cittadini e amministratori si spendono quotidianamente a rischio della propria vita per restituire dignità, legalità e speranza a una collettività che desidera credere nel bene, nel buono e nel vero. La Pasqua giunge a noi con un grembiule indossato e proteso verso le povertà morali ed esistenziali del nostro vivere. Gesù, ancora oggi, muore e risorge per restituirci una possibilità di redenzione, la capacità di rinascere dalle ferite e dalle povertà che ci affliggono, a condizione di spogliarci dei nostri orpelli, di morire alle logiche di sopraffazione e potere che ci abitano. Accostiamoci a Lui e lasciamoci rinnovare dal suo amore nei sacramenti pasquali. Torniamo a rivivere con disponibilità di cuore il sacramento della Confessione e lasciamoci nutrire dall’Eucaristia, per rinascere e tornare a esprimere una vita ricca di senso: ‘Chi non vive per servire non serve per vivere’, affermava don Tonino Bello”.
E conclude: “Come Pietro, nella lavanda dei piedi, siamo chiamati a lasciarci amare da Cristo per realizzare l’esperienza di una vita ripulita dalle scorie dell’orgoglio, capace di rinascere nella trama di relazioni improntate al rispetto e alla valorizzazione dell’altro”.