È pronta a partire, oggi, a Bari, la Marcia per chiedere l’immediata chiusura dei Centri di permanenza per i rimpatri. Associazioni religiose e laiche unite per dare voce all’angoscia che ancora caratterizza la vita di chi migra.
“Esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per una soluzione del problema dei migranti solo in termini di respingimento, di contenimento e di ordine pubblico… È necessario che tutti i provvedimenti siano rispettosi della dignità dell’uomo. Non si può ridurre la gestione di questo fenomeno soltanto ad una misura di contenimento detentivo o in vista di un’azione di rimpatrio”. Sono le parole pronunciate dal segretario generale della Cei, l’arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, a chiusura dei lavori del Consiglio permanente (settembre 2023). Viene ricordato nella nota diffusa in occasione della Marcia dall’arcidiocesi di Bari-Bitonto. “Un atto che testimonia la preoccupazione della Chiesa verso il superamento di un confine, non quello fisico, più volte rinfacciato ai migranti, ma il confine del rispetto tra gli esseri umani, uno spazio di dignità e reciprocità, al di fuori del quale scompaiono i volti, si fa largo la violenza e ogni valore assoluto lascia spazio a interessi relativi”, prosegue la nota.
Oltre quella linea, in una sospensione spazio-temporale, “si inserisce prepotentemente il bisogno di sicurezza, un bisogno disposto a scendere a compromessi con qualsiasi azione, pur di vedersi immediatamente, ma apparentemente, soddisfatto”. “Il continuo inseguimento del soddisfacimento di questo bisogno, comprensibile e umano, ma esposto a irrazionalità e debolezze, ha partorito la legittimazione e la costruzione dei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr)”, ricorda la nota precisando che attualmente i Cpr in Italia sono 10.
Nel corso degli anni, la denuncia, “questi luoghi di trattenimento si sono rivelati dei non-luoghi in cui la persona diventa invisibile. Il trattenimento, non impostandosi secondo i principi della detenzione come intesa dalla Costituzione, non risponde alle stesse finalità e non ne riconosce lo scopo rieducativo, perché non sussiste una pena e tutto rimane sospeso per un tempo indefinito, infinito”.
Cosa hanno significato i Cpr sul territorio italiano? “Una fumosa, evanescente promessa di sicurezza, al prezzo di suicidi, atti di autolesionismo e ricorso a psicofarmaci – la risposta contenuta nella nota -. I Cpr raccolgono le paure di coloro che continuano a vivere all’esterno, annullando le speranze, la libertà, la vita, di coloro che si fermano all’interno. Un risultato, quindi, di offesa alla dignità umana che chiede, con lucida cognizione di causa, la chiusura. La pastorale per i migranti, attraverso la realtà della Fondazione Migrantes, sta ponendo la massima attenzione alla questione esposta, ritenendo essenziale tutelare l’inviolabilità della persona umana e accompagnare la comunità cristiana verso la conoscenza e la consapevolezza critica, alla prova del messaggio evangelico, cartina di tornasole per eccellenza”.