Disagio minorile: Garlatti (Agia), “punire i ragazzi non serve, occorre educare”. “Ampliare il ricorso alla giustizia riparativa”

Non serve mettere più ragazzi in carcere. “L’approccio punitivo deve essere accompagnato da un investimento in termini educativi e di reinserimento sociale”. Ad affermarlo è Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia), ascoltata questo pomeriggio dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, presieduta da Maria Vittoria Brambilla.
“Si tratta di una considerazione che è stata fatta, di recente, anche dal Tribunale per i minorenni di Trento”, prosegue a margine dell’audizione Garlatti. “Il gip trentino ha sollevato questione di legittimità sull’articolo 27 bis del decreto Caivano, relativo al percorso di rieducazione del minorenne, nella misura in cui prevede per chi è sottoposto a procedimento penale una risposta giurisdizionale di tipo sanzionatorio piuttosto che una di tipo educativo”.
L’aumento dei minorenni reclusi che ha denunciato Antigone non rappresenta un successo del sistema, bensì svela la necessità di investire maggiormente nella prevenzione. “In compenso ho accolto con favore la previsione che invece fa lo stesso decreto Caivano rispetto alla presa in carico precoce della famiglia. Questa è una delle direzioni da prendere”.
“Andrebbe inoltre ampliato il ricorso alla giustizia riparativa e, a livello culturale, andrebbe aumentato anche il numero delle scuole che prevedano il ricorso al modello di scuola riparativa accanto al tradizionale apparato sanzionatorio – il suggerimento di Garlatti -. Si tratta di uno strumento di risoluzione pacifica dei conflitti, e potenziale antidoto a bullismo e cyberbullismo, che ho sperimentato direttamente come Autorità garante. Fondamentale è la lotta alla povertà educativa e alla dispersione scolastica. Serve un’offerta educativa di qualità per interrompere il circolo vizioso e intergenerazionale tra la povertà materiale e quella educativa. La sfida è assicurare a tutti le stesse opportunità di accedere a un sistema integrato di cura ed educazione tra zero e sei anni”.

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