“Per Dio il saluto è il primo passo dell’evangelizzazione, dell’annuncio”. Lo ha detto questa mattina mons. Giovanni Cesare Pagazzi, segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, intervenendo, a Padova, al Dies academicus della Facoltà teologica del Triveneto che ha inaugurato ufficialmente il suo diciannovesimo anno di vita. Nella prolusione, intitolata “Le esperienze comuni e l’unico necessario. Teologia ed evangelizzazione”, Pagazzi ha proposto una riflessione sui saluti, esperienza che accomuna tutta l’umanità, capace di fornire la grammatica e il vocabolario necessari per annunciare il vangelo; una delle strategie cui spesso ricorre il magistero di Papa Francesco, che il teologo ritiene “uno dei semi teologici più promettenti del suo pontificato”.
I primi saluti, sguardi e sorrisi che i bambini ricevono dai loro genitori fin dai primi giorni di vita sono anche “le esperienze iniziali della trascendenza”: come Dio che giunge dall’esterno, dall’alto, fuori portata. Il sorriso “manifesta interesse e desiderio della pace – ha affermato Pagazzi –. Con il sorriso, se non è artificiale né falso, il corpo invita l’altro a disarmarsi, poiché per primo ha deposto le armi”. “Ci si accredita presso l’interlocutore attraverso gesti primordiali (lo sguardo, il sorriso, la mano tesa…) sollecitando il ricordo di una infanzia comune. In tal modo si ravviva una familiarità sopita e immemorabile, precedente ogni consapevole iniziativa”. Chi saluta per primo ha il coraggio di “prendere l’iniziativa, chi risponde ha il coraggio di lasciarsi disturbare”. E se al primo incontro, i saluti inaugurano un nuovo legame, “nel momento del congedo, promettono la permanenza del vincolo nonostante la separazione, facendo riferimento a Dio – Ad-Dio, A-Dieu, A-Dios – come garante di un futuro, sperato, immaginabile ritrovo. Salutando i morti, gettiamo il cuore al di là della notte, oltre la morte: questo gesto è così importante che in tutte le culture e in ogni epoca si trovano riti di saluto ai morti, perfino in contesti non religiosi o addirittura antireligiosi”, ha osservato ancora il relatore.
Il primo atto dell’angelo Gabriele – e quindi di Dio stesso – quando si presenta a Maria è quello di salutare, prima di trasmettere un messaggio. “Rivolgendole il saluto, Dio considera la ragazza di Nazareth coprotagonista dell’evento, al punto che il seguito dell’incontro è nelle sue mani”, ha sottolineato l’esponente vaticano. Gesù, “annunciando la presenza operante di Dio nella storia, la scorge nelle realtà più comuni e feriali della vita. Non solo, – ha aggiunto – per lui il saluto è il primo passo dell’evangelizzazione, dell’annuncio”. Nel richiamare, infine, le prime parole dell’appena eletto Papa Francesco: “Fratelli e sorelle, buonasera”, Pagazzi lo ha definito “un gesto semplice, pieno di senso e di speranza, capace di raccogliere tutta l’umanità (cristiani e non, credenti e non) in una piazza. Un esordio apparentemente insolito; in realtà non così nuovo. Una sera di circa duemila anni fa, un ebreo andò a trovare i suoi amici. Inatteso, entrò in casa e salutò come tutti gli ebrei fanno: ‘Shalom!’. Quell’ebreo era appena risorto dai morti”.