Papa Francesco: ai sacerdoti, “testimoni prima che maestri”. No a “via imprenditoriale” né sentirsi “padroni”. Un prete “amaro” è uno “zitellone”

(Foto Vatican Media/SIR)

“La gioia del Vangelo, l’appartenenza al popolo, la generatività del servizio”. Sono le tre strade per “ravvivare il dono, riscoprire l’unzione, riaccendere il fuoco perché non si spenga lo zelo del ministero apostolico”, indicate stamattina da Papa Francesco, ricevendo in udienza, in Aula Paolo VI, i partecipanti al convegno internazionale sulla formazione permanente dei sacerdoti sul tema: “‘Ravviva il dono di Dio che è in te’ (2Tm 1,6). La bellezza di essere discepoli oggi. Una formazione unica, integrale, comunitaria e missionaria”, che ha luogo a Roma dal 6 al 10 febbraio.
Primo: la gioia del Vangelo. “Al centro della vita cristiana c’è il dono dell’amicizia con il Signore, che ci libera dalla tristezza dell’individualismo e dal rischio di una vita senza significato, senza amore e senza speranza – ha sottolineato il Pontefice -. La gioia del Vangelo, la buona notizia che ci accompagna è proprio questa: siamo amati da Dio con tenerezza e misericordia. E questo annuncio gioioso siamo chiamati a farlo risuonare nel mondo, testimoniandolo con la vita, perché tutti possano scoprire la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto (cfr Evangelii gaudium, 36). Ricordiamoci di ciò che diceva San Paolo VI: essere testimoni prima che maestri (cfr Evangelii nuntiandi, 41), testimoni dell’amore di Dio, che è l’unica cosa che conta. E quando uno non è capace di essere testimone è triste, è molto triste”.
Qui, per il Santo Padre, “troviamo un caposaldo della formazione permanente, non soltanto dei preti ma di ogni cristiano, che anche la Ratio fundamentalis sottolinea: solo se siamo e rimaniamo discepoli, possiamo diventare ministri di Dio e missionari del suo Regno. Solo accogliendo e custodendo la gioia del Vangelo, possiamo portare questa gioia agli altri”. Nel fare formazione permanente, dunque, “non dimentichiamo che siamo sempre discepoli in cammino e che ciò costituisce, in ogni momento, la cosa più bella che ci è capitata, per grazia! E quando noi troviamo sacerdoti che non hanno quella capacità di servizio, forse egoisti, sacerdoti che hanno preso un po’ la via ‘imprenditoriale’, allora hanno perso questa capacità di sentirsi discepoli, si sentono padroni”.
Non solo: “La grazia suppone sempre la natura, e per questo abbiamo bisogno di una formazione umana integrale. Infatti, l’essere discepoli del Signore non è un travestimento religioso, ma è uno stile di vita, e dunque richiede la cura della nostra umanità”. Il Papa ha messo in guardia: “Il contrario di questo è il prete ‘mondano’. Quando la mondanità entra nel cuore del prete si rovina tutto. Su questo aspetto vi chiedo di impiegare tutte le vostre energie e risorse: la cura della formazione umana. E anche la cura per vivere umanamente”. Francesco ha riportato quanto gli disse una volta un vecchio prete: “Quando un prete è incapace di giocare con i bambini, ha perso”. “È interessante – ha osservato il Papa -: è un test. C’è bisogno di sacerdoti pienamente umani, che giochino con i bambini e che accarezzino i vecchi, capaci di buone relazioni, maturi nell’affrontare le sfide del ministero, perché la consolazione del Vangelo giunga al popolo di Dio attraverso la loro umanità trasformata dallo Spirito di Gesù. Non dimentichiamo mai la forza umanizzante del Vangelo! Un sacerdote amaro, un sacerdote che ha l’amarezza nel cuore è uno ‘zitellone’!”.

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