Sud Sudan: Carlassare (vescovo di Rumbek), “cammino verso democrazia è ancora lungo”. A Malakal una barca per aiutare i rifugiati sudanesi in fuga

(foto: Christian Carlassare)

In Sud Sudan ci potranno essere elezioni democratiche “solo quando la popolazione sarà davvero riconciliata, avrà superato le divisioni o pregiudizi etnici, avrà imparato a condividere le risorse per costruire insieme una società più giusta e fraterna. E per questo il cammino sembra lungo. Bisogna prima di tutto fare il primo passo, partire da alcuni esercizi importanti di democrazia”. E’ il parere di mons. Christian Carlassare, vescovo di Rumbek in Sud Sudan, che in una intervista al Sir parla della situazione sociale e politica, anche in vista delle elezioni previste a dicembre, e della presenza dei rifugiati sudanesi. “Il gruppo di governo sembra piuttosto stabile. Pur sperimentando tensioni in qualche area del Paese, generalmente c’è tranquillità. Ma la pace è molto di più – sottolinea -. Come può esserci vera pace dove regna povertà e dove la qualità della vita è così bassa? La gente certo è forte, ma merita di meglio”. Riguardo alle elezioni, prosegue, “crescono i timori che possano riaccendere astio e divisioni nell’ambito politico. Già si sente dire che il gruppo al governo deve continuare. Altri vogliono rispettare l’accordo di pace che prevede le elezioni per legittimare chi sarà votato a governare. A meno di un anno dalle elezioni permangono alcune pietre d’inciampo: un terzo della popolazione è sfollata o rifugiata. Potrà votare? Ancora non si è eseguito il censimento per determinare il numero di votanti, e in quali regioni o collegi dovranno votare. Sembra che manchino i fondi sia per il censimento che per le votazioni. E poi rimangono alcuni nodi legati all’accordo sulla reale unificazione dell’esercito nazionale, la presenza di milizie, tante armi in mano anche a civili, territori abbandonati o occupati da gruppi rivali”.
Nel frattempo dal vicino Sudan stanno arrivando in massa i rifugiati sudanesi, in fuga da un conflitto sempre più cruento. L’Onu parla di 7,5 milioni di sfollati interni, circa mezzo milione sono in Sud Sudan, anche se qui non trovano tante opportunità. “Arrivano principalmente via terra nella regione dell’Alto Nilo e si trovano solo a metà dell’odissea, perché da lì cercheranno di raggiungere la capitale o i loro territori di origine. I mezzi di trasporto sono molto poveri in Sud Sudan e le comunicazioni difficili. Spesso rimangono bloccati per settimane vivendo situazioni estremamente difficili”, racconta il vescovo. Nella sua diocesi stanno accogliendo numerose famiglie vulnerabili, mentre la diocesi di Malakal, attraverso la Caritas diocesana, ha predisposto una barca per aiutare gli sfollati. “La barca è un progetto finanziato da Misereor – spiega -. Inizialmente spostava cibo e facilitava le distribuzioni lungo il territorio attraversato dal Nilo di questa vastissima diocesi. La barca continua a fare questo servizio ora soprattutto a favore dei rifugiati, e ha aggiunto un servizio navetta per aiutarli a raggiungere diverse località dell’Alto Nilo fino alla città di Malakal, dove sono disponibili più servizi. Riesce a trasportare fino a circa 500 persone ogni viaggio”.

 

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