“Gesù va a trovare la gente nelle piazze. Le persone intuiscono, mosse dai loro bisogni, che devono stabilire un contatto concreto e fisico e cercano di toccarlo. In un’epoca come la nostra, in cui le nostre relazioni sono mediate da un telefono o un computer, questo testo ci ricorda che c’è bisogno di fisicità”. Così mons. Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia, durante l’omelia su un brano del Vangelo di Marco, in occasione della celebrazione tenuta a Roma nella chiesa dei Santi Fabiano e Venanzio, per il diciottesimo anniversario del martirio di don Andrea Santoro, ucciso in Turchia nel 2006. “Alla fine – afferma il presule – per le relazioni umane, niente può sostituire un abbraccio o una mano sulla spalla. Anche con il Signore è la stessa cosa. Dobbiamo coinvolgere la nostra fisicità. Non è una fede basata sull’astratto. Il Signore si lascia toccare. L’odore delle pecore – come dice Francesco – ce l’hai se stai attaccato alle pecore”. “Le nostre relazioni – aggiunge – passano attraverso degli incontri. Anche con il Signore, dobbiamo trovare la modalità per esprimere la nostra fede e desiderio di relazione. Ricevendo l’ostia tocchiamo Gesù. Come ci lasciamo toccare da Gesù? Lasciamo che la sua mano tocchi le nostre ferite? La Chiesa e le liturgie servono a educarci per avere questo rapporto stretto con il Signore. Allora – conclude mons. Bizzeti – – sperimenteremo anche la vicinanza profonda”.