C’è una vera emergenza educativa nel mondo. Il 50% dei giovani della popolazione globale non frequenta la scuola e le diseguaglianze nell’educazione vengono principalmente da condizioni socio-economiche svantaggiate e da contesti di conflitto. A questo si aggiunge la pandemia. Per questo è necessario avviare una serie di opportunità di apprendimento di qualità per tutte le età in situazioni di crisi. È ciò che viene definito “Educazione in emergenza” (EiE), ricorda oggi Sos Villaggi dei Bambini.
“È fondamentale un approccio inclusivo che prevenga e mitighi le esperienze infantili avverse e conferisca agli operatori sanitari competenze e conoscenze. È attraverso un sostegno completo ai bambini e alle loro famiglie che i bambini e le loro comunità esposti alle avversità possono avere la possibilità di avere un futuro più resiliente e armonioso”, afferma Orso Muneghina, responsabile Risposta all’emergenza e Programmi internazionali di Sos Villaggi dei Bambini e a capo del Programma globale di esperti sulla salute mentale e sul supporto psicosociale della Federazione Sos Children’s Villages. “L’educazione è la chiave per far sì che i bambini e i giovani raggiungano il loro pieno potenziale. Deve essere un faro che illumina ogni fase del loro viaggio verso una vita migliore, soprattutto per i più vulnerabili. L’educazione dà potere alle ragazze e alle giovani donne, in particolare, aumentando le loro possibilità di trovare un lavoro, di mantenersi in salute, di partecipare pienamente alla società e aumenta le possibilità dei loro figli di condurre una vita sana”.
In contesti difficili, dove l’istruzione non è garantita e si fatica a dare ai giovani un’educazione che sia una porta verso un futuro migliore, nasce il rischio che molti bambini e ragazzi siano soggetti a problemi legati alla salute mentale. “I conflitti espongono a una dimensione di stress cronico, di paura, sottraggono il futuro alle bambine e bambini che possono avere ricadute importanti sulla qualità della loro salute mentale”, spiega Emanuele Caroppo, psichiatra, psicoanalista e coordinatore del Comitato scientifico di Sos Villaggi dei Bambini. “In condizioni avverse come le guerre, vengono infrante le possibilità di sognare il domani e imparare come si costruisce passo dopo passo il percorso per raggiungere il proprio futuro. È importante attivarsi subito per evitare che le situazioni di crisi come la guerra, una calamità naturale o la stessa pandemia, lascino cicatrici indelebili segnando il destino dei più piccoli conducendoli verso la strada della deumanizzazione. Servono luoghi sicuri e programmi di supporto. Per questo all’interno delle strutture di Sos Villaggi dei Bambini è attivo un network di ascolto psicologico, con l’obiettivo, non di cercare la malattia, ma di creare ambienti dove ogni bambino possa essere aiutato a tirar fuori le proprie emozioni, anche attraverso il disegno, per battere sul tempo il disagio psicologico prima che si manifesti”.
È proprio nell’ambito della salute mentale e dell’educazione in emergenza che Sos Villaggi dei Bambini ha avviato diversi progetti. Tra questi Well-U, volto a implementare misure preventive di salute mentale e psicosociali universali che possono essere attuate da insegnanti, educatori, mediatori culturali, operatori sanitari e sociali, personale che lavora nei centri di accoglienza, oltre che dagli stessi rifugiati. Il progetto, avviato nel pieno della crisi ucraina, ha lo scopo di fronteggiare i rischi rispetto alla salute mentale cui vanno incontro i rifugiati nel corso del loro processo di migrazione. Spesso i sistemi sanitari pubblici non sono in grado, sia in termini di capacità che di risorse, di affrontare queste problematiche. Il progetto Well-U fornisce una serie di interventi maggiormente accessibili, riducendo l’onere per le istituzioni specializzate in salute mentale.