Un “messaggio di vicinanza e di incoraggiamento” per la Quaresima, “Tempo di conversione e di libertà”. È quello che rivolge don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani nelle carceri italiane, a cappellani, diaconi, religiosi e religiose.
“Di vicinanza – spiega il sacerdote -, perché so le continue difficoltà che vivete per il vostro servizio in carcere, a causa della scarsità del personale, e che tale circostanza purtroppo limita il vostro delicato e incisivo ministero di misericordia”. Don Grimaldi evidenzia: “Noi vogliamo essere, con le nostre azioni pastorali, come Papa Francesco ci ha detto nel suo messaggio: ‘Una nuova umanità, il popolo dei piccoli e degli umili’ per seminare silenziosamente ‘la forza del bene’ in tutti coloro che vivono il dramma del dolore e dell’abbandono. I suicidi, la corruzione che serpeggia anche in questi luoghi della legalità, il forte malessere, i continui episodi di violenza ci disorientano e molte volte ci scoraggiano nell’esercitare il nostro ministero. Una giustizia umana, che molte volte fallisce nel sistema e condanna gli innocenti, come il caso del pastore sardo che ha vissuto 33 anni di incubo condannato per errore e poi assolto”.
La Quaresima, prosegue l’ispettore generale, “è anche un richiamo alla conversione, dei nostri cuori, al cambiamento di mentalità, ma anche un invito a chi può al cambiamento di un sistema penitenziario, affinché le nostre carceri siano dei veri luoghi di convivenza, di redenzione e di riabilitazione e non ‘polveriere di rabbia’”. Poi l’appello: “Noi cappellani e operatori tutti per ‘animare la speranza’ lasciamoci anche guidare dalle parole di San Francesco: ‘Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile’. Coinvolgiamo i nostri territori, siamo dei ponti con la società esterna, non arrendiamoci davanti alle molteplici difficoltà. Questo tempo forte della Quaresima è anche un tempo di lotta, di coraggio e di denuncia per scuotere i torpori di molti cuori, per aprire gli occhi sui veri disagi e difficoltà che si vivono nelle nostre carceri. Camminiamo insieme, siamo costruttori di unità e di dialogo con tutti, costruiamo la nostra fraternità, sosteniamo con la nostra opera spirituale verso le persone a noi affidate”. Don Grimaldi conclude: “Facciamo sì che questi luoghi, a volte ‘tombe di umanità’, siano delle vere famiglie. Sosteniamoci gli uni con gli altri, sentiamoci compagni di strada, lottando insieme per la nascita di una nuova umanità e per il superamento delle criticità dei nostri istituti”.