“Vogliamo lavorare per far uscire la nostra città e i nostri paesi e villaggi dalla spirale di anonimato e di individualismo. Metto l’accento su un dato che denuncia il grave stato di salute delle relazioni nella nostra Valle, l’altissimo numero di suicidi, ancora in crescita. So che ci sono progetti e risorse dedicati, ma il lavoro di operatori specialistici – per quanto indispensabile e da incrementare – non basta. C’è bisogno dell’impegno di tanti per ricostruire un tessuto di relazioni sociali che ci liberi dall’indifferenza reciproca e spezzi il cerchio della solitudine che tutti imprigiona, angosciando chi è solo e soffocando famiglie e gruppi chiusi su se stessi”. Lo ha scritto il vescovo di Aosta, mons. Franco Lovignana, nel messaggio alla diocesi per il tempo quaresimale.
Il presule ricorda che, “nel Messaggio per la Quaresima, Papa Francesco ci invita a rallentare il ritmo frenetico delle nostre giornate e a fermarci ‘in preghiera, per accogliere la Parola di Dio’ e ‘come il Samaritano, in presenza del fratello ferito’”. “So bene che non è facile – commenta il vescovo – perché siamo inseriti in un vortice che governiamo solo in minima parte. Possiamo però provarci”. Mons. Lovignana esorta a fissare “un tempo quotidiano o settimanale di ascolto prolungato della Parola di Dio. Essa agisce come un filtro che purifica dal male che è dentro di noi e dal tanto male che ascoltiamo e vediamo”. In particolare invita “le famiglie a dedicare una ventina di minuti alla settimana per riprendere insieme il Vangelo della Domenica precedente. Propongo un rito molto semplice: segno della croce – lettura del testo – silenzio (preceduto, se ci sono bimbi piccoli, da una spiegazione a cura di papà o mamma) – breve condivisione di ciò che il testo ha suggerito a ognuno – preghiera del Padre nostro – segno della croce”. Un “secondo percorso – prosegue il vescovo – scaturisce dalla libertà donataci da Dio e consiste nel riconoscere gli uomini e le donne che incontriamo nella vita quotidiana come fratelli e sorelle che il Signore pone sulla nostra strada e dei quali ci chiede di prenderci cura”. Mons. Lovignana rileva poi la necessità di dare vita ad una “rete” che “va costruita pazientemente nella quotidianità, a partire dai vicini di casa, dalle famiglie che hanno i figli della medesima età, dagli anziani che vivono da soli nella nostra via o nel nostro villaggio. Questa rete si costruisce con piccoli gesti, come il saluto offerto a tutti, il dialogo cercato, anche quando può apparire superficiale, l’attenzione alla situazione che l’altro vive, la disponibilità a piccoli servizi o a momenti di condivisione”. “Non faremo miracoli, ma – rileva il vescovo – possiamo contribuire a prevenire la sensazione di isolamento e di abbandono che ferisce tante persone. Sarebbe già tanto riuscire ad accorgerci di chi vive un passaggio difficile della propria esistenza per tendergli la mano”. “Senza perdere di vista i grandi problemi del mondo, per i quali preghiamo e lottiamo, vogliamo impegnarci in prima persona laddove viviamo, consapevoli che – conclude – il primo passo dell’evangelizzazione è la testimonianza dell’amore di Dio tradotto in gesti di umanità e di prossimità”.