Quaresima: mons. Forte (Chieti-Vasto), “non c’è nessun dolore inutile, se viene offerto con amore e per amore in unione con Gesù”

“Non c’è nessun dolore inutile, se viene offerto con amore e per amore in unione con Gesù!”. Lo ricorda l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, nel messaggio “Vivi le tue prove e cura chi è malato sull’esempio di Gesù…” per la Quaresima e la Pasqua 2024.
La riflessione del presule parte dalle “domande che la malattia pone a ognuno di noi, in particolare a chi ne abbia avuto esperienza nella propria vita o in quella di persone amate”: “Perché il dolore? Perché questo male? Perché proprio a me?”. “Per chi crede in Cristo redentore – prosegue l’arcivescovo – a queste domande se ne aggiunge un’altra, decisiva: se il Padre di Gesù e nostro è un Dio buono, perché permette che le Sue creature soffrano tanto?”. “Il Vangelo – osserva mons. Forte – ci presenta la risposta a questo interrogativo della nostra fragilità, che vive le ore oscure della prova e a volte lotta col dubbio: Gesù assume la nostra fragilità, la redime e la salva nell’amore di Dio”. “La nostra fragilità è assunta da Gesù” e “diventa fragilità redenta”, evidenzia mons. Forte. “È la testimonianza data al mondo da san Giovanni Paolo II, non solo con un testo come la Salvifici doloris (Lettera apostolica sul senso cristiano della sofferenza umana, 11 febbraio 1984), ma anche mostrando con il Suo esempio come nell’ora del dolore tutto possa essere offerto a Dio per divenire amore salvifico per la Chiesa e per l’intera famiglia umana”, rileva l’arcivescovo, ricordando che “in un colloquio avuto con Lui durante gli esercizi spirituali che fui chiamato a predicargli nel 2004, parlando delle prove seguite all’attentato che aveva subito, non esitò a dirmi, guardandomi con occhi che penetravano l’anima: ‘Ma il Papa deve soffrire!’”. “Quello che il santo vescovo di Roma ha testimoniato con la parola e con la sua vita – commenta mons. Forte – è che la buona novella del Dio che soffre per noi è anche la buona novella di ogni dolore offerto per amore: offrirlo con Gesù al Padre, offrirlo per sé stessi, offrirlo per coloro che amiamo, è il dono più grande che possiamo fare a noi e agli altri”. L’arcivescovo evidenzia poi che “l’ammalato ha una dignità infinita e le sue prove possono essere una grazia per l’umanità intera: come tale, va trattato con profondo rispetto, ricordando che ognuno ha la sua storia e va accompagnato in quello che è il suo modo di affrontare il dolore e di vivere la prova che, offerta per amore, può diventare redenzione e salvezza per tanti”. “Proprio così, la fragilità viene salvata: il dolore offerto per amore insieme al Signore sofferente e risorto prepara la vita che non avrà fine e apre il nostro cuore alla speranza. Chi soffre con fede non è mai solo!”, assicura mons. Forte, convinto che “attraverso la carità e l’amore dei propri cari, con l’aiuto della preghiera, mediante la professionalità dei medici e del personale sanitario, la grazia divina interviene in soccorso di chi è malato e lo rende capace di essere testimone di fede e di carità, fonte di consolazione e di speranza per sé e per gli altri”. “A tutto il personale sanitario, ai medici, agli infermieri, ai volontari e alle volontarie che si fanno prossimi ai malati, ai parenti e agli amici di chi soffre, in modo specialissimo agli infermi, va annunciata questa buona novella del Dio che si è fatto compagno del nostro dolore per sostenerci nella prova, farci cooperatori del bene e salvarci nel tempo e per l’eternità”, sottolinea mons. Forte che conclude elencando il “Decalogo del medico e di chiunque si prenda cura degli infermi”.

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