Quaresima: mons. Palumbo (Trivento), “vogliamo riscoprire l’essenziale”

Oggi è il “Mercoledì delle Ceneri, giorno dei grandi propositi, giorno di programmazione delle grandi imprese spirituali – nell’atmosfera di preghiera e di digiuno rettamente inteso – che dovranno scandire il tempo e segnare lo spazio dei quaranta giorni per arrivare alla Pasqua con un taccuino spirituale ricco di annotazioni ‘belliche’, di ferite riportate, ma anche di conquiste raggiunte (e, magari, anche con la perdita di qualche grammo di peso…). Vogliamo riscoprire l’essenziale! Quanto cioè giova alla nostra vita di fede e che, nel tempo favorevole dei quaranta giorni, può e deve essere riscoperto, nuovamente assunto, sia personalmente, che comunitariamente”. Lo ha scritto il vescovo di Trivento, mons. Claudio Palumbo, nel messaggio per il tempo quaresimale.
Il presule ricorda l’importanza di “preghiera, digiuno e carità”. Innanzitutto “la preghiera. Ancora quest’anno connotata da un motivo prioritario di richiesta: la pace! Signore, dona a noi la pace! In Europa, nel Medio Oriente, e nel mondo. Dona la Tua pace! Pace nei cuori. Nei nostri cuori, anzitutto”. E poi “il digiuno”. “È la seconda opera richiesta per la conversione quaresimale”, ricorda mons. Palumbo. “Di quale digiuno parliamo?”, domanda. “Certamente – spiega il vescovo – non della privazione alimentare volontaria intrapresa per motivazioni politiche o sociali o vagamente religiose e scandita nelle fasi di post-assorbimento, digiuno breve, digiuno medio e digiuno prolungato. Non è questo il digiuno di cui parla Gesù nel Vangelo di Matteo sopra riferito. Il digiuno di cui si parla è quello spirituale, che ci porta alla Carità, alla condivisione: condividere anzitutto cosa significa mancare di qualcosa, per poi donare a chi è costretto a digiunare. Un digiuno staccato dalla carità/elemosina può diventare un digiuno fatto per ammassare ancora di più”. Infine, “l’elemosina/carità”. “Anche qui – osserva – occorre una domanda di chiarimento: di quale elemosina si tratta?”. “Certamente – precisa mons. Palumbo – non delle cose superflue che, invece di buttarle, pensiamo di donare. Sicuramente, invece, si tratta di quella attenzione ai bisogni altrui che porta a privarci di qualcosa di necessario per soccorrere chi è nel bisogno più di noi”.

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