L’accidia “ricorda molto il male della depressione, sia da un punto di vista psicologico che filosofico”. Lo ha spiegato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo Vi e dedicata a questo vizio. “Per chi è preso dall’accidia, la vita perde di significato, pregare risulta noioso, ogni battaglia appare priva di senso”, ha detto Francesco: “Se anche in gioventù abbiamo nutrito passioni, adesso ci appaiono illogiche, sogni che non ci hanno reso felici. Così ci si lascia andare e la distrazione, il non pensare, appaiono come le uniche vie d’uscita: si vorrebbe essere storditi, avere la mente completamente vuota… È un po’ un morire in anticipo. È brutto, questo vizio!”. Tra tutti i vizi capitali, l’accidia spesso “passa sotto silenzio, non se ne parla, forse a motivo del suo nome che a molti risulta poco comprensibile”, ha osservato il Papa: “Per questo, nel catalogo dei vizi, il termine accidia viene spesso sostituito da un altro di uso molto più comune: la pigrizia. In realtà, la pigrizia è più un effetto che una causa. Quando una persona se ne sta inoperosa, indolente, apatica, noi diciamo che è pigra. Ma, come insegna la saggezza degli antichi padri del deserto, spesso la radice è l’accidia, che letteralmente dal greco significa mancanza di cura”. “Si tratta di una tentazione molto pericolosa, non scherzare con questa!”, il monito di Francesco: “Chi ne cade vittima è come fosse schiacciato da un desiderio di morte: prova disgusto per tutto; il rapporto con Dio gli diventa noioso; e anche gli atti più santi, quelli che in passato gli avevano scaldato il cuore, gli appaiono ora del tutto inutili. Una persona comincia a rimpiangere il tempo che scorre, e la gioventù che è irreparabilmente alle spalle. L’accidia è definita come il ‘demone del mezzogiorno’: ci coglie nel mezzo delle giornate, quando la fatica è al suo apice e le ore che ci stanno davanti ci appaiono monotone, impossibili da vivere”.