Mercoledì delle Ceneri: mons. Tisi (Trento), “una comunità amica dei poveri è terreno fecondo per liberare creatività e innovazione”

“Dov’è il cuore delle nostre comunità? Chi le abita, chi le guida? La passione per il Vangelo o non piuttosto il bisogno di visibilità, di contare, di bucare lo schermo con la forza dei numeri?”. Si è aperta con questi interrogativi l’omelia pronunciata questa sera dall’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, durante per la messa delle Ceneri.
“L’invito a praticare nel nascondimento l’elemosina verso i poveri, i malati, gli ultimi fatichiamo a percepirlo come risorsa essenziale per dare qualità e futuro alla nostra vita”, ha osservato il presule, aggiungendo che “la sobrietà e la sostenibilità – tanto declamate anche nel nostro contesto culturale – non sono percepite come opportunità e via di bellezza. A muoverci, purtroppo, è spesso la logica dell’accumulo”. “Il motto che ci abita è: consumo, dunque sono”, ha ammonito l’arcivescovo. “Quanto abbiamo bisogno di far risuonare in noi le parole dell’apostolo Paolo: ‘Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio’ (2Cor 5,20)”, ha proseguito, sottolineando che “la via di questa riconciliazione ancora una volta è tenere gli occhi fissi sulla bellezza dell’umanità di Cristo. Davvero bello è il suo farsi compagno, in modo assolutamente gratuito e disinteressato, degli affaticati e dei senza nome, regalando ascolto, prossimità, condivisione”. Per mons. Tisi, “una comunità amica dei poveri e degli ultimi, abitata dalla gratuità è terreno fecondo per liberare creatività, innovazione. È antidoto all’ossessione della visibilità che impedisce di uscire dal guscio della solitudine”. “Una comunità allenata alla sobrietà – ha continuato – è forte, ha i piedi ben piantati nel reale ed esorcizza il rischio di una vita sopra le righe dove a dettare il passo altro non è che l’ansia della performance e la schiavitù dell’immagine”. “Il periodo quaresimale, vissuto all’ombra della Parola non è tanto, allora, il tempo della rinuncia, quanto piuttosto l’occasione per riappropriarci della vita e delle sue straordinarie opportunità”, ha concluso l’arcivescovo.

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