L’arcivescovo di Lucca, mons. Paolo Giulietti, è appena rientrato dall’Ucraina dove ha incontrato l’arcivescovo metropolita di Leopoli, Igor Voz’njak, e poi si è recato nella diocesi cattolica ucraina di Kamyanets-Podilskyi dove ha incontrato il vescovo Leon Dubrawski e l’ausiliare Radoslaw Zmitrowicz. Ne dà notizia l’arcidiocesi lucchese ricordando che proprio alla diocesi cattolica ucraina di Kamyanets-Podilskyi, nel sud ovest del Paese, sono andate le offerte frutto dell’Opera sociale della Santa Croce 2023, volte a sostenere la realizzazione del Centro di riabilitazione di Sharovechka per le vittime della guerra. Quanto raccolto nelle parrocchie della diocesi lo scorso settembre – viene spiegato in una nota – contribuirà a terminare i lavori di questa struttura entro la prossima estate. Intanto il servizio gratuito per le vittime della guerra è già operativo in locali provvisori nel centro di Sharovechka. “È stato importante visitare il Centro e soprattutto conoscere le persone che l’hanno voluto e lo faranno funzionare”, ha affermato mons. Giulietti, sottolineando che “nasce dal desiderio di lenire le ferite che la guerra lascia non solo nel fisico, ma nello spirito di chi è coinvolto, sia esso combattente, familiare o vittima del conflitto”. “Per questo – ha proseguito il presule – la vicinanza di una comunità a un’altra è già in qualche modo parte del processo di guarigione: sapere di non essere soli; vedere che qualcuno si fa carico delle proprie fragilità. L’indifferenza, infatti, ferisce al pari delle bombe”. Durante il viaggio (da sabato 10 a martedì 13 febbraio), l’arcivescovo ha incontrato anche don Alessandro Khalayim, direttore di questo Centro di riabilitazione il quale ha spiegato: “Diamo aiuto psicologico e spirituale. Abbiamo poi firmato un contratto con alcuni ospedali per dare loro aiuto per la riabilitazione a livello fisico a chi ne ha bisogno. Nei civili la prima cosa è la paura, molti soffrono di stress. Tante persone cercano di dare un senso a quello che accade. Le donne, in particolare, che attendono i mariti e i figli, sono sfinite. Ma ci sono anche quelle che hanno perso il senso del vivere, per la perdita del marito o di un figlio”.